Il vaccino per combattere il melanoma

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Attualmente in fase di studio, è arrivato alla fase III di sperimentazione, l’ultima da superare. Non è un vaccino preventivo, ma punta a supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore

Contro il melanoma ora c’è un vaccino “su misura”. Si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid, cioè utilizzando mRNA sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate.

Non è preventivo, ma punta a supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore. Realizzato negli Stati Uniti, è stato poi portato in Italia da Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori Fondazione Giovanni Pascale di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma ed è stato già somministrato ad un primo paziente.

Lo studio, conferma il medico napoletano, è arrivato alla fase III di sperimentazione, l’ultima da superare prima dell’approvazione da parte degli enti regolatori. «Nella migliore delle ipotesi – conferma Ascierto – ci vorranno tre anni prima di arrivare ai risultati definitivi, ma i dati preliminari sono già decisamente interessanti e mostrano come la combinazione dell’antitumorale pembrolizumab con il vaccino riduce ulteriormente il rischio di recidiva del 44% e addirittura di metastasi a distanza del 66%».

Il primo paziente è stato Alfredo De Renzis, 71 anni di Carovilli, in provincia di Isernia. Medico di base, sposato con due figli, due anni fa scopre che dietro a una neoformazione cutanea si nasconde un melanoma. Dopo le prime cure ad Isernia arriva poi a Napoli, nel reparto del Pascale di Paolo Ascierto. Quasi in contemporanea con l’inizio dell’immunoterapia arriva la proposta di aderire alla fase III del primo vaccino a mRNA. Il vaccino è stato somministrato anche a una donna di 45 anni che aveva un melanoma nascosto in un orecchio e inizialmente confuso con un otite.

La tecnologia, qualora dovesse concludere con successo la sperimentazione, potrà essere applicata ad ogni tipo di tumore.

Melanoma, i campanelli d’allarme

L’incidenza del melanoma è in crescita ma la diagnosi precoce può salvare la vita. Dovrebbe essere una buona abitudine quella di controllare la pelle del corpo, almeno una volta al mese, per proprio conto. L’autoesame periodico, che non sostituisce il controllo dermatologico, può però aiutare a individuare ogni piccolo cambiamento della pelle e dei nei. Circa il 75% dei melanomi compare ex novo e solo il 25% insorge su un neo pre esistente.

Ci sono alcuni indicatori che possono insospettire. Il neo non deve essere asimmetrico, avere i bordi irregolari o presentare zone più colorate di altre, o di diversi colori. Inoltre qualsiasi cambiamento deve essere attenzionato e in caso di sospetto è bene effettuare una visita dermatologica.

Il melanoma colpisce prevalentemente soggetti di età compresa tra i 30 e i 60 anni e l’Istituto superiore di Sanità stima che ci siano 7mila casi l’anno. Negli ultimi cinque anni, i decessi attribuiti a questo tumore cutaneo sono stati 4.000 nei maschi e oltre 3.000 nelle femmine.

Il melanoma ha una prognosi, cioè un’evoluzione nel tempo, strettamente dipendente dallo spessore raggiunto nella pelle al momento della sua diagnosi e asportazione. Se è rimasto confinato agli strati cutanei superficiali, la prognosi è generalmente buona, con guarigione del paziente.

Viceversa, se ha raggiunto gli strati più profondi perché ha avuto molto tempo di accrescersi prima della sua identificazione ed asportazione, i rischi di vita per il paziente sono molto elevati. Individuare il melanoma quanto più precocemente possibile rappresenta quindi la principale arma per tentare di ridurne la mortalità.

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