Malattia ossea di Paget: cos’è, cause, sintomi, cure

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Nonostante la sua caratteristica robustezza, l’osso non è un tessuto statico e inerte, ma vitale e in continua evoluzione: ecco perché si parla di metabolismo osseo, cioè di quell’insieme di processi biochimici con cui il vecchio tessuto osseo viene continuamente sostituito da quello nuovo. In media, ogni anno, almeno il 10 per cento della nostra massa ossea si rinnova, anche se alcuni fattori (età, stile di vita, alimentazione, salute generale) possono influenzare il risultato finale.

«Fra le condizioni in cui il rimodellamento osseo è alterato c’è il morbo di Paget, malattia dove l’organismo distrugge e rigenera più velocemente del normale le singole ossa interessate, che risultano pertanto aumentate di volume, deformate e più fragili», descrive il dottor Enrico Fusaro, direttore della Struttura complessa di Reumatologia presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.

Che cos’è la malattia ossea di Paget

Questa patologia è stata descritta per la prima volta nel 1877 dal chirurgo e patologo inglese Sir James Paget, da cui la malattia ha preso il nome: inizialmente, il medico l’aveva definita osteite deformante, perché riteneva che un’infiammazione (da qui il suffisso –ite) delle ossa avesse causato le estese deformità dello scheletro che, nel tempo, avevano condotto uno dei suoi pazienti all’invalidità.

I protagonisti di questo complicato processo sono gli osteoclasti (le cellule che distruggono il vecchio osso) e gli osteoblasti (le cellule che costruiscono il nuovo osso): nella malattia di Paget, gli osteoclasti agiscono a un ritmo più veloce del normale e a questo segue l’attivazione degli osteoblasti, che tentano di sopperire velocemente.

Il problema è che, come sostiene il detto piemontese “andare veloci e avere una bella andatura è impossibile”, la rapidità del processo porta alla costruzione di un osso con una struttura disordinata e privo delle originarie caratteristiche meccaniche e di solidità.

Quali sono i sintomi della malattia ossea di Paget

Nella maggior parte dei casi, il morbo di Paget ha una progressione lenta e asintomatica nelle fasi iniziali.

«È possibile che la diagnosi venga posta in occasione di un esame radiologico eseguito per altri motivi», evidenzia il dottor Fusaro. «In altri casi, invece, la malattia è caratterizzata da dolore a livello del segmento scheletrico colpito».

Da qui deriva la possibilità (ma anche l’importanza) di arrivare a una diagnosi precoce: «Un dolore osseo persistente e privo di una causa che possa giustificarlo deve sempre condurre dal medico di medicina generale per una prima valutazione. L’aspettare che “passi da solo” non è mai una scelta sensata e ragionevole».

La malattia può colpire un solo osso (in questo caso è definita mono-ostotica) o più ossa (forma poli-ostotica). Le sedi più interessate sono il cranio, la colonna vertebrale, il bacino e le ossa degli arti inferiori. «È evidente che i sintomi possono essere diversi a seconda delle aree colpite», precisa il dottor Fusaro. «A livello del cranio, ad esempio, può essere presente cefalea, ma l’ingrandimento dell’osso può comprimere il passaggio dei nervi oftalmico o uditivo, con disturbi rispettivamente della vista o dell’udito».

A livello della colonna vertebrale, invece, il dolore localizzato è il sintomo più evidente, ma anche in questo caso è possibile che vengano compresse delle radici nervose con una sintomatologia anche a distanza. «Se la malattia di Paget coinvolge ossa vicine alle articolazioni, si può aggravare o sviluppare un’artrosi», aggiunge l’esperto.

«Nelle ossa lunghe inoltre, oltre al dolore, le deformità possono alterare i movimenti e la deambulazione ed è possibile lo sviluppo di micro-fratture o fratture vere e proprie. Si tratta di una malattia prevalentemente dell’anziano, pertanto riguarda persone che possono avere già altre condizioni che alterano la mobilità e l’equilibrio».


Quali sono le cause della malattia ossea di Paget

Al momento, le cause non sono del tutto note. «Sono state individuate mutazioni genetiche che sembrano entrare in gioco nello sviluppo della malattia di Paget, ma la materia è ancora oggetto di studio», tiene a precisare il dottor Fusaro. «È stato ipotizzato il ruolo di alcuni fattori ambientali che possono scatenare la malattia: l’attenzione maggiore è nei confronti di infezioni virali, in particolare da paramixovirus, sia umane come il morbillo, sia animali come il cimurro, ma anche in questo caso non si hanno certezze».

Da qui sono nate delle ipotesi, ma la verità è che possedere un animale domestico, utilizzare l’acqua di pozzo o abitare in aree rurali non hanno dimostrato una maggiore incidenza della malattia. «Recentemente è stato evidenziato come un potente mediatore dell’infiammazione, l’Interleuchina 6, la stessa che è presente in quantità elevate nei pazienti affetti da artrite reumatoide, è responsabile tra l’altro dell’attivazione degli osteoclasti», aggiunge il dottor Fusaro.

Quali sono i rischi della malattia ossea di Paget

Nei pazienti con malattia di Paget, l’osso colpito si presenta aumentato di volume e deformato. Inoltre, al suo interno vi sono zone dove il tessuto è addensato e altre dove è rarefatto.

«Questa alterazione della struttura ossea espone maggiormente a fratture patologiche, ma c’è anche il rischio di ulteriori complicazioni che dipendono dal segmento interessato dal problema», avverte Fusaro. «Per esempio, un eventuale ingrossamento a livello del cranio può determinare deformità evidenti dal punto di vista estetico, con ovvie ripercussioni psicologiche, ma anche causare cefalea oppure disturbi visivi o uditivi per colpa della compressione di un nervo ottico o acustico».

Inoltre, siccome il metabolismo osseo accelerato comporta un aumentato flusso sanguigno, nelle persone colpite dalla malattia di Paget con impegno di più sedi si può determinare un lavoro maggiore per il cuore fino allo scompenso cardiaco: eccessiva stanchezza, facile esaurimento fisico, difficoltà di respiro, gonfiore di piedi e gambe.

Come si diagnostica il morbo di Paget

La diagnosi del morbo di Paget si basa principalmente su indagini radiologiche: già la radiografia convenzionale evidenzia con sufficiente precisione la patologia, perché le ossa appaiono ingrandite e con un aspetto “cotonoso”, mentre la scintigrafia ossea può darci informazioni sull’estensione della malattia, evidenziando eventuali localizzazioni non note.

«Nei casi dubbi, poi, si può ricorrere a Tac e risonanza magnetica per un approfondimento diagnostico o per rilevare micro-fratture che la radiografia convenzionale non è in grado di osservare. Possono risultare utili anche alcuni esami di laboratorio che consentono di indagare l’attività metabolica dell’osso. Tra questi, la fosfatasi alcalina (ALP) e la fosfatasi alcalina ossea, nonché altri marker del turnover osseo, che possono mostrare l’attività della malattia, anche se non necessariamente questi valori risultano alterati nei pazienti, soprattutto quando è coinvolto un unico distretto, magari con un’estensione contenuta».


Come si cura la malattia di Paget

Lo scopo del trattamento è prevalentemente quello di alleviare i sintomi e rallentare l’insorgenza di eventuali complicanze, mentre al momento non disponiamo di armi che permettano il ritorno dell’osso alla sua condizione originaria. Il trattamento si basa sull’assunzione di bifosfonati, una classe di farmaci che inibisce il riassorbimento osseo e viene impiegata anche come terapia dell’osteoporosi.

«Le maggiori evidenze scientifiche sono quelle che mostrano la capacità dei bisfosfonati di ridurre il dolore, mentre possono evitare che la malattia si aggravi ed evolva verso manifestazioni o complicazioni più impegnative», ammette il dottor Fusaro. Anche se raramente può rendersi necessario un intervento chirurgico quando le ossa assumono deformità importanti oppure è necessario correggerne la meccanica o la funzionalità.

«Ma ovviamente bisogna anche trattare le eventuali complicanze che si sono instaurate con terapie di supporto specifiche, come ad esempio la terapia antidolorifica in caso di dolore, la deambulazione con l’ausilio di un bastone in caso di instabilità o rischi di cadute, l’utilizzo di protesi acustiche in caso di problemi uditivi», conclude l’esperto.

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