Quanto sono green i produttori di articoli sportivi

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Il 61% degli imprenditori in Italia impiega più del 10% degli investimenti in progetti di economia circolare, come sostiene lo studio di Assosport. Diverse, inoltre, le iniziative di riciclo e allungamento della vita utile dei prodotti

Con l’inziativa La Pista di Pietro di Eso Società Benefit vengono realizzate nuove piste di atletica, dedicate a Pietro Mennea, utilizzando come base per il fondo il materiale ottenuto da vecchie scarpe sportive, copertoni, camere d’aria e palline da tennis. Il progetto Re-Shoes dell’azienda Scarpa vuole fornire una soluzione alternativa e sostenibile per la gestione del “fine vita” delle scarpe, producendo entro il 2026 un nuovo modello da materie prime ricavate da calzature usate e scarti di produzione. Con Recycle Your Boots di Tecnica Group i vecchi scarponi da sci sono trasformati in materia prima di seconda generazione.
Anche il mondo dello sport italiano promuove la cultura green, come dimostra anche la ricerca “La sostenibilità ambientale nell’industria degli articoli sportivi” di Assosport, Associazione nazionale dei produttori di articoli sportivi che include oltre 130 aziende in Italia, 300 brand e 12.000 addetti.

Cosa dice lo studio sulla sostenibilità

Secondo lo studio, condotto tra le associate di Assosport dal Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli studi di Padova, la metà delle imprese interpellate sarebbe attiva su oltre il 50% dei vari filoni in cui è possibile declinare l’impegno in ottica di “sostenibilità sociale e ambientale”. Il 61% degli imprenditori, inoltre, impiegherebbe più del 10% degli investimenti in progetti di economia circolare per motivazioni essenzialmente dettate dall’etica e da responsabilità interne. Questa percentuale è destinata ad aumentare del 5% nei prossimi tre anni arrivando a coprire un quarto degli investimenti totali.

Le azioni più attente all’ambiente dei produttori di articoli sportivi? La riduzione delle emissioni (56%) e la diminuzione dell’utilizzo di sostanze chimiche (55%) a favore dell’impiego di risorse naturali. E poi il contenimento degli scarti (33%). 
Le aziende sono concentrate soprattutto sul reperimento di materiali certificati e fornitori a Km 0; singoli brand sono invece più orientati alla riduzione delle sostanze nocive e all’allungamento della vita utile dei prodotti.

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Il costo dell’economia circolare

Dall’analisi è emerso che quattro aziende su dieci ritengono che l’aumento del costo delle materie prime sarà un ulteriore incentivo alla ricerca di soluzioni alternative meno impattanti sull’ambiente. 
Di contro, però, il 40% degli interpellati ha sottolineato come gli interventi in chiave ecologica abbiano costi ancora piuttosto elevati e richiedano figure con una preparazione specifica (al momento del sondaggio ne disponeva un’azienda su due e si trattava perlopiù di risorse interne che avevano aggiornato le proprie competenze).
Per il 45% degli imprenditori, affinché possano essere effettivamente realizzati prodotti green, è fondamentale il supporto di consulenti ed enti di certificazione.

«La sostenibilità rappresenta una delle principali sfide del futuro e molte delle aziende sportive italiane si sono mosse da tempo su questo tema», dice Anna Ferrino, presidente di Assosport. «Di sicuro c’è che le aziende dovranno riorganizzarsi e strutturare il proprio business tenendo conto delle nuove sfide “Esg” (Ambientale, Sociale e di Governance), a cominciare dagli obblighi di certificazione che verranno gradualmente introdotti e renderanno sempre più lungo, complesso e costoso l’iter produttivo e organizzativo. Restano aperte alcune questioni, nel quadro di un mondo globalizzato dove il problema principale è far collimare gli interessi dell’industria di consumo basata su prezzi concorrenziali con la richiesta di prodotti sostenibili, ma anche più costosi. La transizione ecologica è uno splendido traguardo cui tendere, ma raggiungibile soltanto attraverso uno sforzo condiviso».

luglio 2023





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