L’Irpinia dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare – IL CIRIACO

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Il GAL Partenio oramai è uno soggetto a pieno titolo del territorio irpino, che ha proiettato la sua azione  ben oltre lo stesso perimetro geografico di competenza. Anche alla luce del prossimo settennato di politiche di sviluppo legate ai Fondi Europei, quale sono le sue considerazioni in merito?

I Gruppi di Azione Locale in altre nazioni europee sono stati determinanti nell’azione, dei Governi e delle autorità locali, volta ad una spesa intelligente ed utile dei fondi europei; il coinvolgimento contemporaneo di soggetti pubblici e privati, insito nella natura stessa dei GAL, ha contribuito ad attivare un circolo virtuoso di sviluppo economico e culturale. In Italia invece, nonostante nelle loro compagini sociali siano presenti numerosi soggetti pubblici e privati, che li arricchiscono in termini di capacità propositiva, diverse Regioni hanno deciso di limitare l’autonomia in termini di iniziativa a tali soggetti nati invece proprio per coinvolgere istituzioni, associazioni e cittadini. Io credo che la prossima programmazione regionale 2021 – 2027 debba invece caratterizzarsi per restituire un ruolo specifico ed, in alcune materie, esclusivo ai GAL, costretti spesso a ritagliarsi spazi di iniziativa soprattutto grazie all’impegno di chi li dirige.

Il territorio del GAL Partenio per quanto uniforme presenta delle aree con proprie caratteristiche e specificità. Nella programmazione messa in atto dall’Ente da Lei presieduto cosa ha maggiormente tenuto insieme queste articolazioni  e i diversi attori socio-economici presenti ?

Per quanto nel “nostro” territorio ci sia una popolazione di più di 50.000 abitanti, si tratta pur sempre di una realtà non molto estesa e, di conseguenza, le differenze non costituiscono barriere rispetto agli scambi anche culturali, anzi potrebbero rendere ancor più interessante l’offerta territoriale in chiave turistica. In effetti le istituzioni territoriali, dalle associazioni ai Comuni, hanno ben compreso questo aspetto e sono state probabilmente le protagoniste principali di un esperimento finora sicuramente positivo.

I GAL interagiscono sul piano istituzionale, economico e sociale con la Regione Campania e con l’Unione Europea. Rispetto alle competenze e alle funzioni fin qui riservate a questi Gruppi di Azione Locale e alle esperienze maturate  non crede che sarebbe utile ripensarne il  ruolo e le attività, magari in qualche ambito più specifico come quello dei Distretti di Qualità  o della Pianificazione contrattuale territoriale ?

Non credo che si debba tanto ripensare il ruolo dei GAL, quanto restituirgli quelli che dovevano essere i suoi compiti principali: i Distretti Rurali, di cui siamo soggetti costituenti e promotori, sono una prospettiva potenzialmente importante ma altrettanto lo sono gli sforzi che sono stati fatti e che vanno intensificati, proprio in questo momento di grave crisi, in materia di accompagnamento ad uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio. In pratica, il ruolo di agenzia di sviluppo territoriale sarebbe quello più confacente.

 Il GAL Partenio è stato tra i primi in Italia a sperimentare un importante Progetto dell’area mediterranea europea che riguarda la necessità di sviluppare una cultura dell’economia circolare nell’ambito del processo produttivo delle piccole e medie aziende, in particolare della filiera vitivinicola.  Siamo alle battute conclusive e dopo un interessante e ricco percorso costellato di iniziative di varia natura,  che idea si è fatta in merito a “EMBRACE” ?

EMBRACE è stato un progetto pioneristico che abbiamo realizzato, assieme ad altre sette nazioni europee, per provare a parlare con la nostra società complessivamente intesa dell’opportunità offerta da uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 così come promossa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite: quello dell’economia circolare. Noi stessi ci siamo stupiti di quanto l’applicazione pratica dell’idea del riciclo dei rifiuti possa portare vantaggi inimmaginabili all’ambiente ma anche all’economia complessiva e quindi in termini di occupazione.

Questo progetto si è rivelato un interessante incubatore anche di innovazione istituzionale  delineando una rete di relazioni  territoriali tra i diversi soggetti portatori di interessi  che ora avrebbe bisogno di una naturale continuazione e sviluppo, svolgendo una funzione di presidio  progettuale permanente.  In tale prospettiva quale futuro potrebbe immaginare per un ruolo non solo operativo ma integrato di questa importante realtà aggregativa socio-istituzionale?

L’interesse generato dal progetto EMBRACE è stato tale che, quando abbiamo presentato alla stampa il video riassuntivo dell’attività, non ci sembrava vero dover ringraziare talmente tanti soggetti che ne erano entrati in contatto; il che la dice lunga sulla sensibilità che cova sotto la cenere di un apparente scarso interesse ai temi legati al rispetto dell’ambiente. Sono convinto che questo collante ci consentirà, soprattutto se la Regione Campania vorrà prevedere misure di sostegno all’economia circolare nel prossimo PSR, di dare seguito a questa importante collaborazione istituzionale.

Una provincia, l’Irpinia, un territorio, quello dell’ area del GAL Partenio, che,  come abbiamo potuto notare  in questa nostra discussione, risulta pieno di occasioni e di potenzialità ma anche di insidie.  Secondo Lei come potrebbero sposarsi queste opportunità a portata di mano  con un biodigestore nel cuore dell’area di pregio internazionale del “Greco di Tufo”  e il paventato Traforo del Partenio,  sotto una delle “oasi” naturalistiche  più interessanti   dell’Appennino meridionale, già dichiarato Parco Regionale?

Nel nostro meraviglioso ma incerto paese, soprattutto in parte della sua classe dirigente, il senso della novità a tutti i costi spesso prevale sulla sostanza dei problemi, anche a discapito di quanto sarebbe invece utile fare. Nello specifico, credo che nessuno contesti la necessità che la provincia di Avellino si assuma la responsabilità di gestire i rifiuti da essa prodotti, ma è altrettanto evidente che un biodigestore, ammesso che sia esso la forma migliore di gestione dei nostri rifiuti, possa trovare un’utile allocazione in siti naturalmente predisposti e non in un’area caratterizzata da produzioni agricole di pregio alle quali si legano le nostre forse ultime speranze di sviluppo armonico. Le aree destinate ad una industrializzazione mancata, che non mancano in Irpinia, sarebbero dotate ad esempio della viabilità e dell’urbanizzazione necessaria; per non parlare del fatto che il biodigestore nel primo caso determinerebbe risultati di mortificazione ambientale ed economica mentre nell’altro potrebbe addirittura rappresentare un’occasione di rilancio. Per quanto riguarda l’ipotesi del traforo, credo che sia da un punto di vista ambientale che di costi sia un’opera priva di senso, oltre che praticamente inutile.

 *intervista realizzata da Ranieri Popoli



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