Cantelmo e la fiducia nella Procura della “normalità” – IL CIRIACO

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Sarebbe oltremodo complicato avventurarsi in un bilancio dei sette anni trascorsi da Rosario Cantelmo alla guida della Procura della Repubblica di Avellino che oggi arrivano alla conclusione con il pensionamento del Procuratore. E in ogni caso, se si volesse provare a farlo, tale compito spetterebbe a chi ha seguito e segue quotidianamente l’attività degli uffici di Piazzale De Marsico. Quello che invece può risultare utile è provare a capire ciò che resta di questi sette anni nella comunità, quanto profondo sia il solco che l’attività della Procura e del suo capo ha lasciato e fino a che punto il messaggio che questo lavoro si porta dietro sia stato compreso. Non è semplice per nessuno, e men che mai in una città di provincia, arrivare alla guida di una Procura e provare semplicemente a fare ciò che va fatto: il proprio dovere. Sembra una banalità, la fiera dell’ovvio eppure quante volte abbiamo sentito dire di “Procure che dormono” o “che si voltano dall’altra parte” per non disturbare i manovratori. E in queste condizioni trova terreno fertile quel sentimento di progressiva sfiducia verso la magistratura mentre cresce, in parallelo, quella sensazione di impunità che finisce per compromettere le regole della civile convivenza e alterare l’equilibrio sociale. Da questo punto di vista l’azione di Cantelmo è stata improntata alla ricerca di una “normalità” intesa come una Procura che porta avanti il lavoro, senza sconti e senza eccessi, ma che, così facendo, recupera quel clima di fiducia e restituisce credibilità all’operato dell’ufficio. Un rapporto, tra la Procura e la comunità, che si alimenta non solo con le inchieste che ci sono state ed hanno riguardato molte vicende amministrative del passato che parevano oramai sepolte e consegnate agli archivi, ma che trae sostentamento anche attraverso l’invio di messaggi pubblici volti a riscoprire il valore della legalità, l’importanza di uniformarsi ad un codice etico che deve essere sempre la stella polare dei comportamenti individuali. Nelle occasioni in cui Cantelmo è intervenuto pubblicamente ha sempre ribadito questo aspetto ed ha costantemente invitato la cittadinanza a non ripiegarsi su se stessa, ad andare avanti a testa alta e nel rispetto di quei valori, essi stessi capisaldi di una società libera e avanzata. Lo ha fatto più volte  tenendo sempre ben distinti l’ambito professionale dalla dichiarazione pubblica pur sapendo che il suo lavoro e quello della Procura hanno un impatto molto forte sull’opinione pubblica. Dal processo Isochimica (in corso) a quello sulla strage del viadotto Aqualonga, passando per Urbanistica, Teatro, Acs, quella che oggi Cantelmo saluta è una Procura tornata ad essere un riferimento semplicemente con il lavoro quotidiano, un presidio di legalità, una speranza per una società più giusta. E di questi tempi non è poco.



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