Orizzonti ricorda Andrea Massaro: la città gli renda omaggio, gli sia intitolato l’archivio storico comunale

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“E’ tempo che la città renda merito a chi le ha donato tanto. Chiediamo che gli sia intitolato un angolo del capoluogo. Penso, innanzitutto, all’archivio storico che ha diretto per anni”. Lo sottolinea il preside Paolino Marotta, presidente dell’associazione Orizzonti, nel corso del convegno dedicato dall’associazione Orizzonti ad “Andrea Massaro lo storico dal sorriso mite”, tenutosi questo pomeriggio presso la Biblioteca provinciale. Ad alternarsi negli interventi dei relatori al tavolo, moderato da Pierluigi Melillo, ricordi, testimonianze di affetto, aneddoti. “Aveva con me – spiega Marotta – un rapporto di profonda amicizia. Mio zio Alfonso Petrillo era segretario generale al Comune di Avellino quando cominciò lavorare presso l’ente. Fu lui a incoraggiarlo a conseguire un diploma. Ed è quello che fece, così da essere assunto in Archivio. Da allora fu sempre riconoscente a mio zio. Non perdeva mai occasione di ripetermelo. Con l’associazione Orizzonti abbiamo voluto essere i primi a rendergli omaggio come abbiamo già fatto con un altro grande storico, Armando Montefusco. Ha lavorato in maniera instancabile per la città e i frutti di quel lavoro  appartengono a tutti. E’ bello che oggi la Biblioteca Comunale abbia esposto le oltre sessanta opere di Massaro custodite nelle sale – sarà possibile ammirarle anche nelle prossime settimane ndr – volumi che attraversano pagine diverse della storia di Avellino. Prezioso anche il suo impegno per trasmettere ai giovani la passione per le radici. Un impegno che non può essere dimenticato. Peccato che oggi le istituzioni siano assenti”. Ed è proprio l’assenza del vicesindaco Laura Nargi o di un qualsiasi rappresentante dell’amministrazione comunale a lasciare l’amaro in bocca.

“Era autodidatta – ricorda il professore Toni Iermano – e aveva una capacità innata, quella dello storico. Aveva un senso del passato che si fa vita, che diventa relazione umana con l’obiettivo di strappare il ricordo all’indifferenza.  Arrivava da Macerata Campania ma aveva trovato in Avellino una seconda casa, un luogo che l’aveva accolto, Nella mia esperienza di assessore ho avuto di toccare con mano la sua passione per le carte. Per lui era come stabilire un dialogo affettivo con chi non c’è più”. Iermano pone l’accento sulla sua statura morale: “Mai si prestava a pettegolezzi, mai avevo sentito da lui un giudizio negativo su qualcuno che conosceva. Le scoperte relative a fatti storici avevano per lui una valenza familiare. Voleva sapere sempre chi c’era dietro ogni casa, ogni edificio, ogni rudere. Aveva quel senso del tempo che hanno o le persone di straordinaria cultura o che hanno fiuto per le cose. Quando presentammo l’opera dedicata a Luigi Oberty sottolineo’ con amarezza come fosse del tutto sconosciuto alla maggioranza della popolazione. Concordava con Croce che, prima di ricostruire i palazzi, fosse necessario ricostruire la dignità dell’uomo. La sua umanità si abbinava al senso di una missione, che era quella di dialogare con il tempo perduto”.

E’ quindi don Emilio Carbone, parroco della chiesa di Costantinopoli, a ricordare come “Aveva a cuore il centro storico. La sua morte ha lasciato un’eredita’ e un vuoto. Era un uomo che andava sempre alla ricerca. La sua mente era come quella di una ragnatela, quando parlavo con lui avevo sempre la percezione che possedesse la città. Ogni avvenimento del presente lo ricollegava a una storia del passato. Fu lui a convincermi a invitare il principe Agostino Caracciolo nel 1997 e fu lui a fare da padrone di casa quando questi accettò l’invito ad Avellino”. Una collaborazione, quella con Massaro, concretizzatasi nell’esperienza del Palio “Quando incontrai Andrea e gli spiegai per la prima volta la mia idea del palio, capì subito l’essenza del progetto. Eravamo partiti dall’idea di coinvolgere i giovani, il palio è diventato così un modo per risvegliare l’interesse di tanti sulle sorti del centro storico. Di qui l’idea di istituzionalizzarlo e farne un appuntamento fisso del panorama culturale cittadino. Attraverso la storia del Palio, Andrea è riuscito a ricostruire anche la memoria della città, una città che era in passato palpitante di vita”. E ricorda “Mi ha sempre colpito il suo essere una persona mite e sorridente per il quale il rapporto umano era fondamentale”

Paolo Saggese, dirigente scolastico e critico letterario, pone l’accento sull’affetto che lo legava a Massaro “Era una persona vera, incarnava l’idea che è alla base della poetica del De Sanctis, il rapporto stretto tra cultura e vita,  la consapevolezza che la cultura dovesse essere vivificata dal senso dell’etica. Era estraneo a beghe e piccoli conflitti, il suo impegno era rivolto ad un’umile ricerca della verità. Cercava la grande storia nei piccoli fatti di cronaca. Aveva un senso democratico della cultura che lo spingeva a partire sempre dalla ricerca d’archivio. Io l’ho conosciuto più di venti anni fa in occasione dell’anniversario del bombardamento del ’43, ricostruito in un libro bellissimo. Diciotto anni dopo, abbiamo curato insieme uno studio dedicato allo scrittore Giuseppe Marotta. Ed è stato proprio grazie alle ricerche di Andrea che è stato possibile ricostruire la vita di Giuseppe senior, avvocato, padre dello scrittore, a partire dalla strada in cui viveva, che gli è stata poi intitolata o ancora ritrovare le pagelle liceali di Guido Dorso e Antonio La Penna. Andrea era una risorsa straordinaria per chiunque avesse amore per la ricerca. Lui ricostruiva la storia attraverso i documenti. È importante che la città renda omaggio a uno storico che era il signore della toponomastica”.

A raccontare un altro tratto di strada condiviso con Massaro è la storica Maria Grazia Cataldi: “Ho conosciuto Andrea nel 1981, ero stata assegnata agli uffici della Sovrintendenza ed eravamo impegnati a fronteggiare la difficile fase postsismica. L’idea della inevitabile demolizione a tappeto aveva lasciato il posto al tentativo di salvare il patrimonio storico-artistico, anche applicando vincoli. Tuttavia, non era facile trovare documenti su immobili e proprietà della provincia di Avellino. Mi recai, allora all’archivio storico comunale che aveva sede allora a Via Tagliamento e fu lui ad aiutarmi. Insieme abbiamo portato avanti questo percorso di recupero della memoria. E sono orgogliosa che mi abbia voluto dedicare alcuni dei suoi libri, considerandomi una preziosa compagna di viaggio. Una collaborazione proseguita con la stesura di “Avellino profilo di una città”, scritto su incarico dell’assessore Picone. Decisivo il suo contributo anche nel recuperare figure come quella di Filomena Pennacchio, la brigantessa irpina a lungo finita nel dimenticatoio. Credo che lui stesso più che storico amasse definirsi un ‘operatore che ha avuto fortuna di lavorare nel posto che gli è congeniale’”

E’ quindi il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa a porre l’accento sulla sua umiltà “una delle armi più potenti che aveva, gli consentiva di mettersi subito in relazione con l’altro. Sfogliando le decine di pagine scritte, ho ritrovato la storia di Avellino, che ricostruiva con una ricerca certosina. Peccato che la città dimentichi tutto e che le persone siano trattate come pietre abbandonate. Tanti i ricordi, penso all’esperienza di Telelodo negli anni ’70, in pochi minuti consegnava affreschi suggestivi della città. Fino al legame speciale col Mattino, di cui è stato una colonna, ricostruendo con rigore pagine della storia cittadina. Ecco perchè provò un dolore straziante nell’essere messo da parte da quella stessa testata, segno del provincialismo dilagante della stampa locale. Andrea aveva dato spessore culturale alle pagine provinciali del Mattino ma nessuno sembrava più ricordarlo. Io fui orgoglioso di accogliere i suoi contributi sulle pagine del Quotidiano del Sud. Agli interventi che trovarono spazio nell’inserto culturale si affiancò presto l’almanacco cittadino, ogni giorno dell’anno era associato ad un episodio del passato”. E spiega come “Ciò che gli premeva era che il patrimonio documentario, troppo spesso lasciato incustodito dalle amministrazioni, non andasse disperso. Chiediamo con forza che gli sia intitolato l’archivio storico comunale”.

E’ infine, il figlio Innocenzo, presente in sala insieme al fratello Pio, a ribadire come “Questo convegno abbia raccontato al meglio la poliedricità di mio padre, ricercatore, docente nelle scuole di Avellino, dirigente della Pubblica Amministrazione, meridionalista. Un’unica volta l’ho visto indignarsi, quando dirigeva l’archivio a Palazzo De Peruta e un cittadino si sedette sulla scrivania. C’era in lui un forte rispetto per le istituzioni”. E ricorda come “presto partirà su Netflix una serie dedicata alla brigantessa Pennacchio, Voglio credere che anche grazie a mio padre si sia giunti a questa serie”



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