«La povertà non è diminuita, ma noi andiamo comunque avanti. Devono funzionare i piani di zona»: l’appello di Don Vitaliano ai candidati – IL CIRIACO

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Don Vitaliano Della Sala, vice direttore della Caritas diocesana, analizza il dibattito elettorale sulle politiche di contrasto alla povertà e sulle politiche sociali e lancia una proposta: un reddito di cittadinanza regionale come Bassolino.

Come giudica le proposte dei 100 candidati irpini alle regionali su contrasto alla povertà e, in generale, sulle politiche sociali?

«Non posso giudicare cose che non ho ascoltato, se non poche voci. Ma sicuramente nei programmi dei vari schieramenti qualcosa ci sarà scritto, magari sarà indicata anche qualche possibile soluzione. Anzi meraviglia me stesso il non essermi interessati alla cosa, ma spero che sia stata una mia distrazione e che invece, tutte le altre persone impegnate nel sociale in questa provincia, siano più informate di me o quantomeno siano state stimolate maggiormente da chi avrebbe dovuto farlo. Ora però mi viene la curiosità di andare a leggere i programmi elettorali, per capire».

Cosa è mancato in questi cinque anni di governo regionale sul tema povertà?

«Dal mio osservatorio devo dire che non ho visto né miglioramenti né peggioramenti. La mensa della Caritas e il dormitorio, sono andati avanti lo stesso con i soliti contributi istituzionali e i tantissimi straordinari contributi di privati. Basti pensare che da anni c’è un signore, di cui non conosciamo l’identità, che ogni settimana dona decine di chili di carne per la mensa dei poveri. Un esempio per far capire, al di là di qualche progetto regionale che magari ha visto qualche cooperativa attiva, non è cambiato nulla».

E il maxi piano economico da un miliardo messo in campo da De Luca?

«Sicuramente nell’emergenza ha dato una grande mano, proprio perché era un piano di aiuti immediato. Ma quello che serve non è tanto erogare contributi una tantum quanto prevedere una misura di sostegno al reddito che sia duratura e che permetta alle persone di non campare alla giornata ma di poter programmare un minimo il proprio futuro. Lo dico in premessa per evitare equivoci: non sono un simpatizzante dei Cinque Stelle e quando hanno istituito il reddito di cittadinanza ero tra quelli che criticavano nel merito questa misura. Ma non sarei onesto intellettualmente se oggi, da vicedirettore della Caritas diocesana, non dicessi che molte delle persone che prima si rivolgevano a noi hanno smesso di farlo, o quantomeno hanno chiesto meno contributi per il pagamento delle bollette e meno richieste alla mensa».

E’ diminuita la povertà?

«No, ma il reddito di cittadinanza, ancor di più adesso in questo momento di grandissima difficoltà, ha rappresentato un ammortizzatore sociale non indifferente. Oggi le povertà sono cambiate: il Covid ha prodotto nuovi poveri. Famiglie dove prima entravano due stipendi e che oggi, a causa della perdita del posto di lavoro, o per i ritardi nell’erogazione della cassa integrazione, o per il fallimento della loro attività commerciale, iniziano a frequentare la Caritas. Qualche giorno fa ho consegnato un pacco alimentare ad una signora che, fino a qualche mese fa aveva un’attività commerciale in città. E posso assicurare che l’approccio con queste persone è difficile: bisogna avvicinarle in punta di piedi ed essere bravi a non farle sentire sole. Capita di sentire bussare alla mensa e ritrovarsi di fronte persone ben vestite, credi siano lì per donare qualcosa o per offrirsi come volontari, poi invece le vedi andar via con il pranzo. I poveri “tradizionali” di Avellino noi li conosciamo tutti e paradossalmente è più semplice intercettarli ed avvicinarli per aiutare. Con chi ha perso tutto a causa del lockdown non è semplice, ma è necessario per evitare che ad intervenire siano altri».

Però il reddito di cittadinanza è una misura nazionale, la Regione cosa dovrebbe fare?

«Un contributo continuativo ogni mese andrebbe riproposto. Quando Bassolino istituì il reddito di cittadinanza campano, dalla mia parrocchia di Capocastello notai lo stesso effetto benefico nel crollo di richieste e vidi famiglie migliorare la loro condizione. E’ importante anche dal punto di vista psicologico poter contare su una misura fissa, mensile. Si riduce la rabbia, la disperazione, la frustrazione di dover racimolare soldi per pagare una bolletta o per comprare una maglia ai propri figli. Certo non parliamo della vita ideale, ma sicuramente servirebbe a garantire un’esistenza più serena. A De Luca, se come dicono i sondaggi sarà il vincitore di queste elezioni, ma a tutti gli altri candidati alla presidenza della Regione, suggerirei di prendere in considerazione quanto fatto in precedenza a livello regionale: un affiancamento delle persone e delle famiglie in difficoltà è necessario».

Cos’altro servirebbe, dal punto di vista della Caritas, nei prossimi cinque anni di governo regionale?

«Bisogna far funzionare i piani di zona assolutamente: devono diventare tutti gli strumenti per intervenire in maniera più precisa e programmata sulle povertà. Ma chiunque vinca deve iniziare a ragionare seriamente di politiche sul lavoro. Può sembrare scontato dirlo né ho ricette in tasca, altrimenti mi sarei candidato io. Ma entrando in Caritas ho scoperto il mondo delle cooperative, quelle vere e utili non quelle fittizie. La Regione potrebbe farsi promotrice di progetti che agevolino il lavoro giovanile tramite cooperative che possano produrre servizi necessari alla collettività. Sul lavoro bisognerebbe trovare un’unità di intenti: senza annullare le differenze, come in ogni emergenza e quella del lavoro lo è, mi piace sognare che la politica superi gli steccati di maggioranza e opposizione, e lavori all’unisono per creare opportunità reali per le persone».



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