La partita con l’Ascoli, la terra che trema, la partenza di due settimane: Vignola e il terremoto del 1980 – IL CIRIACO

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Il terremoto che colpì l’Irpinia nel 1980 ha inevitabilmente scandito e segnato la vita di chiunque l’abbia vissuto: per tutti c’è un prima e un dopo il terremoto. Un sisma che distrusse tutto e che stroncò tante vite.

Proprio in quel nefasto 23 novembre 1980, poche ore prima della terribile scossa, l’Us Avellino, all’epoca in Serie A, sconfisse per 4-2 al Partenio-Lombardi l’Ascoli, in un delicatissimo match per non retrocedere. C’era in quella partita, così come nei mesi successivi, quelli della ricostruzione, Beniamino Vignola, un vero simbolo di quella squadra.

Tra i ricordi di quei momenti e di ciò che è accaduto successivamente, Vignola si è raccontato ai nostri microfoni in vista del quarantennale del terremoto.

 Quel terribile 23 novembre 1980 giocaste contro l’Ascoli: che ricordo ha di quella partita?
Abbiamo giocato contro l’Ascoli per 4-2, fu una partita importante per noi perché eravamo partiti con una penalizzazione di 5 punti a causa della questione calcio scommese. In quel momento avevamo abbandonato da poco quota zero, fu quindi per noi una gara importante: l’Ascoli era una diretta concorrente per la salvezza. Fu una giornata strana, era una domenica con tanto caldo: sembrava estate, e a novembre è una cosa un po’ particolare”.

Poi la scossa fortissima: dov’era quando tutto iniziò a tremare e cosa fece appena smise?
In quel periodo in tv facevano vedere un tempo di una partita della Serie A, e ricordo che c’era l’Inter. Stavo guardando la partita, ero ad Atripalda con degli amici di una radio privata dell’epoca per avere un po’ di compagnia, e ci fu questa terribile scossa che durò un minuto e mezzo e che sconvolse tutta l’Irpinia nonché Avellino. Era una cosa che nessuno si aspettava. Io ero al primo anno lontano da Verona, ero venuto a far la Serie A, per me era un anno importantissimo, e dopo 5 domeniche capita una cosa del genere. Un terremoto non avviene tutti i giorni, di quella portata poi… Ricordo che ero in un condominio al quinto piano: non capimmo bene all’inizio, sentimmo uno scoppio, pensammo ad una bombola del gas esplosa. Subito dopo cominciò a muoversi il terreno e quindi il palazzo, io ero sul divano e addirittura non riuscivo ad alzarmi: capii che era qualcosa di grave. Finita la scossa scappai, feci 5 piani a piedi. Arrivato in fondo, uscii dal condominio e il terreno ancora tremava“.

Cosa ricorda dei giorni seguenti al terremoto?
Le case erano tutte inagibili, era domenica sera e passai due notti in macchina. Nelle due settimane seguenti avevamo due trasferte di fila, Pistoia e Udine. Quindi la società il martedì mattina ci radunò e andammo in ritiro a Montecatini poiché dovevamo giocare a Pistoia. Finita quella partita andammo in ritiro ad Udine fino alla partita. Chiaramente perdemmo entrambe le partite, perché non stavamo bene. Quando andammo via per quello due settimane il nostro stadio era una tendopoli, atterravano elicotteri. Una volta tornati lo stadio ancora non era agibile, e quindi giocammo a Napoli: prima col Catanzaro e vincemmo 1-0, poi con la Juventus e facemmo 1-1. Siamo stati dei privilegiati, perché nei 15 giorni successivi al terremoto non vivemmo lì, ma quando siamo tornati era tutto ancora devastato, anche le situazione era un po’ più tranquilla, infatti tornammo nelle nostre case.
Da quel momento ricominciammo e si creò questo rapporto indissolubile tra squadra e città: fu la benzina di quell’anno, ci diede energie che forse dentro non avevamo, perché capimmo che la gente aveva bisogno di noi per trovare un minimo di serenità, una motivazione per continuare ad andare avanti“.

Per concludere: che legame le è rimasto con l’Avellino e con Avellino, dove ha passato tre anni e dove le si sono aperte le porte della Serie A?
Per me è stato un trampolino , ho vissuto tre anni di Serie A importantissimi: mi fu data l’opportunità di esprimermi al meglio, avevamo buona squadra. Poi le cose cambiarono perché tanti di noi andarono via: io e Tacconi andammo alla Juventus, Juary all’Inter e così via. Ma anche in altre squadre tutti i calciatori si confermarono di ottimo valore. Nonostante sia tornato qualche anno fa dopo più di 30 anni che non venivo ad Avellino, la gente e la città mi sono rimaste davvero nel cuore“.

Si ringrazia Beniamo Vignola per la disponibilità e la cordialità.

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