In terra di lupi, Cogliano, la scelta della militanza e la politica come utopia

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“La capacità dell’autore è quella di osservare la famiglia di provenienza e dunque il mondo contadino in cui cresce dall’interno ma conservando, al tempo stesso, un forte distacco, attraverso uno sguardo antropologico. Quello che ci consegna è lo spaccato di un mondo crudele, contraddistinto dalla sterilizzazione dei sentimenti, da regole rigide e dalla logica della sopravvivenza”. A sottolinearlo la professoressa Isa Bocciero, nel corso del confronto dedicato al Circolo della stampa al romanzo di Annibale Cogliano “In terra di lupi. Lo studio, l’amore e la politica di un sovversivo della seconda metà del Novecento”, Valle del tempo, che ha riunito allo stesso tavolo la docente e scrittrice Claudia Iandolo e l’editore Mario Rovinello, moderati da Floriana Guerriero. “Un esempio – spiega Bocciero – è rappresentato da figure come il padre capace di scelte irrazionali pur di garantire al figlio la possibilitò di studiare, tanto da opporsi al signorotto locale che gli consiglia un semplice diploma magistrale per il figlio. O ancora la madre adottiva, così complice con il figlio e come lui rappresentata fuori posto e fuori tempo”. E’ quindi Claudia Iandolo a porre l’accento sulle qualità di narratore di Cogliano capace di coinvolgere il lettore “Insieme alla sua storia Annibale racconta il mutamento sociologico e antropologico della società contadina. Questo ragazzo impara, a poco, a poco, a difendersi da solo attraverso l’arte della parola, lo fa leggendo riviste, fumetti e libri, guardando film, in cui parteggia sempre per gli indiani. E se all’inizio trova nella Chiesa, nei preti della comunità uno strumento per superare l’isolamento, successivamente prenderà coscienza di come il Diavolo non è così terribile, assistendo ad una rappresentazione del Volo dell’angelo e scoprendo un diverso modo di leggere il reale. Per tutti diventa il fuochista, non solo per l’imprudenza nel mettere ad asciugare i fuochi raccolti ma anche per il temperamento inquieto e vulcanico. Decisivo nel suo percorso sarà l’apprendimento  dell’esercizio del dubbio che ci rende liberi. Capirà così che la sua vocazione è quella di essere un rivoluzionario, questo ragazza sa di voler cambiare il mondo. Per lui la politica è prassi quotidiana e, dunque, utopia, di qui la scelta di non aderire alla lotta armata, poichè la politica non può chiederci di uccidere il proprio nemico”. Romanello si sofferma sulla sua capacità di conciliare dimensione privata e pubblica “Annibale è un sovversivo che sceglie sempre da che parte stare, non c’è indifferenza ma la militanza, il coraggio di tante battaglie”.

Bocciero ricorda come “Il rapporto con la sinistra sia negli anni di arricchimento progressivo, cercando di dare valore all’esperienza, dalla comprensione della necessità delle proteste operaie al dovere di prendere distanza da certe scelte. Una militanza nella quale è determinante il rapporto con le figure genitoriali, poichè lo aiuterà a sciogliere a poco a poco il dolore, cercando di autorappresentarsi nella relazione con gli altri”. Iandolo si sofferma sulle figure femminili che compaiono nel romanzo “da un lato la madre naturale, Caterina, passionale come il figlio, dall’altra Antonietta, la madre adottiva, espressione del ruolo delle donne nella società contadina, costrette a sottostare alla violenza e alla legge del maschio. Fino a Paola, il primo amore, esempio di ragazza degli anni ’70 che si ribella alle regole borghesi. Un amore che deve però fare i conti anche con il reale”. A concludere il confronto Annibale Cogliano “Questo libro riparte dal valore del dubbio e dalla necessità di riscoprie il rapporto di causalità tra le cose. Oggi abbiamo perso il principio di realtà e il valore della memoria”. E si sofferma su “una sinistra che è stata una delusione continua, che ha conosciuto una vera involuzione sul piano dei diritti”


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