“Il ritorno a scuola va organizzato: più trasporti, distanziamento e didattica mista per ripartire” – IL CIRIACO

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«Sulla scuola bisogna essere razionali e non farsi prendere dall’ansia. Stiamo vivendo una situazione straordinaria: il punto non è tanto se gli studenti più piccoli rientrino o meno in classe in questi pochi giorni che ci separano dalla pausa natalizia, ma cosa fare per riaprire a gennaio in maniera sicura e definitiva. Potenziamento dei trasporti, didattica mista dove possibile, rispetto delle regole anti Covid anche fuori dalla scuola, sono elementi fondamentali per restituire un po’ di normalità ai nostri ragazzi». Maria Teresa Brigliadoro, dirigente scolastica del Convitto «Pietro Colletta» che ospita 700 alunni tra studenti della primaria, della secondaria di primo grado e delle superiori, nonché reggente della scuola dell’infanzia di Chiusano San Domenico, analizza l’attuale momento di difficoltà senza precedenti che vive il mondo della scuola.

Cosa pensa delle ordinanze dei sindaci, alcune come quella di Avellino bocciata dal Tar, che hanno rinviato al 7 gennaio il rientro tra i banchi per gli alunni più piccoli?

«E’ difficile giudicare le ordinanze dei sindaci, bisogna fare i conti con le condizioni peculiari dei singoli comuni, con l’andamento del contagio ma anche con i contesti dei singoli istituti. E’ innegabile che le famiglie stanno vivendo momenti di enorme disagio, soprattutto i genitori degli alunni di infanzia e primaria. Per chi deve andare a lavoro è difficile organizzarsi per tenere i figli a casa e seguirli durante le lezioni. Ma chi più di tutti sta pagando i disagi maggiori, sono ovviamente gli studenti».

La didattica a distanza sta funzionando?

«La didattica a distanza è un’arma a doppio taglio, ci sono i casi in cui funziona bene perché i docenti sono attrezzati, la rete è buona, la famiglia è ben disposta all’utilizzo di tecnologie alternative, e poi ci sono purtroppo casi in cui non funziona, dove ci sono famiglie più disagiate che non hanno gli strumenti, collegamenti internet inadeguati che, anche a fronte della disponibilità della singola scuola a fornire tablet o computer, rendono inefficace la lezione, genitori che per restare in casa e seguire i figli rischiano di perdere il lavoro. Per quella che è l’esperienza del Convitto, non posso non evidenziare che per quanto riguarda gli studenti delle superiori la didattica a distanza sta diventando un momento di crescita e maggiore competenza digitale. I ragazzi sono preparati, perché la scuola è da tempo promotrice di progetti sul digitale, abbiamo vinto tantissimi premi anche a livello nazionale. Quindi per loro è un approfondimento, sono molto bravi e non stanno trovando grandi difficoltà. Anche la scuola secondaria di primo grado si è ben avviata, ma la difficoltà maggiore è sulla primaria. E, avendo una reggenza sull’istituto comprensivo “Tentindo” di Chiusano San Domenico, dove convergono quattro plessi di quattro comuni diversi, posso dire per esperienza che questa difficoltà riguarda anche i bambini dell’infanzia. Per quanto la dad sia stata attivata con la previsione di due ore settimanali di collegamento con le insegnanti della scuola dell’infanzia che caricano sul sito anche piccoli lavoretti da far svolgere ai bambini, è innegabile che per loro il collegamento si riduca al mantenimento di un dialogo educativo che certamente non va interrotto, ma è totalmente diverso dal momento di socialità che si vive a scuola».

Qual è l’umore tra i genitori dei suoi allievi?

«Su apertura e chiusura delle scuole dell’infanzia e dei primi due anni di primaria, è normale che ci siano diverse scuole di pensiero. Anche al Convitto ci sono genitori che chiedono la riapertura e un ritorno alla normalità per i propri figli, e altri che invece sono scettici perché hanno paura del contagio e preferiscono far continuare le lezioni da remoto fino a gennaio per poi poter rientrare tutti in presenza. In questo momento forse prevale la paura, ed è comprensibile. Da dirigente devo dire però che la scuola tutto quello che poteva fare per garantire il massimo della sicurezza possibile, in un contesto di emergenza assolutamente straordinario, lo ha fatto anche grazie all’aiuto dello Stato che ha erogato fondi per l’organico Covid, dispositivi, sanificatori. Ogni giorno sanifichiamo gli uffici e le aule, abbiamo creato varchi diversificati di ingresso ed uscita, abbiamo scaglionato gli orari per evitare che i ragazzi si incontrassero tutti allo stesso momento, così come quelli della mensa che per i ragazzi delle superiori si è trasformata nel consumo del pasto al banco in aula. La paura però è umana, l’epidemia è imprevedibile».

Al netto di questa breve parentesi prenatalizia, come dovrebbe ripartire la scuola a gennaio?

«Innanzitutto vanno migliorati i trasporti. Far confluire contemporaneamente in città tanti studenti delle superiori che arrivano dalla provincia, aumenta sicuramente il rischio del contagio. Quindi vanno aumentate le corse, scaglionati gli orari di ingresso ed uscita dai singoli istituti ed evitare così momenti di assembramento. Poi bisogna incidere molti sull’informazione presso i ragazzi che, una volta fuori da scuola, sentono il bisogno di libertà. Spesso abbassano la mascherina, entrano in contatto tra di loro, dimenticando le regole del distanziamento. Accade soprattutto tra i ragazzi delle medie e delle superiori perché, può sembrare paradossale, ma i più ligi al rispetto delle regole sono proprio i bambini della primaria, che quando sono tornati a scuola non toglievano la mascherina dal volto neanche se stavano seduti al banchetto, distanziati e sicuri. E’ innegabile che il rischio ci sarà anche a gennaio, ma dobbiamo imparare a gestirlo con atteggiamenti meno ansiosi e più razionali. Se riusciamo ad essere lucidi, a capire quando c’è un pericolo e dunque ad evitarlo, allora ne verremo fuori. Indipendentemente dalla scuola, intesa come edificio, è al di fuori che bisogna mantenere la massima attenzione altrimenti la normalità per i nostri studenti non tornerà per ora. Non possiamo pensare di tenere i ragazzi ancora per mesi e mesi fuori dal contesto scolastico».

E’ immaginabile l’utilizzo della didattica mista almeno per i primi mesi in modo da organizzare una riapertura generale graduale?

«La didattica mista può essere uno strumento utile per programmare una ripartenza graduale della scuola. Al Convitto l’abbiamo già sperimentata alle superiori. Una percentuale di ragazzi, stabilita negli organi collegiali, restava a casa, altri venivano a scuola ma tutti insieme facevano lezione contemporaneamente, alternando di giorno in giorni i gruppi in presenza in modo che nessuno perdesse il contatto con la scuola. Credo che continueremo ad attuarla, perché è uno degli strumenti per garantire maggiore sicurezza. Non so però quanto possa essere utile per la primaria perché, ripeto, in quel caso è necessaria la totale disponibilità delle famiglie che devono seguire i propri figli soprattutto per i primi tre anni. Ritengo che la didattica in presenza vada ripristinata almeno fino alla prima media e per gli studenti con disabilità che, così come previsto dai Dpcm, sono ritornati a scuola con un orario ridotto rispetto al solito. Chi ha voluto ha potuto frequentare la scuola in presenza con il supporto diretto dell’insegnante di sostegno ma sempre in collegamento con il resto della classe perché l’inclusione resta fondamentale nonostante il Covid».

Che anno scolastico è stato quello passato per i suoi ragazzi?

«Dal punto di vista emotivo è stato un anno triste per i nostri studenti. Avevamo organizzato le convittiadi, le fattorie didattiche,  il ballo delle debuttanti di fine anno, i viaggi di istruzione, il saluto dei diplomati con la scuola. Parliamo di un pezzo di vita che hanno perso e che nessuno gli restituirà. Per questo ripeto la ripresa va riorganizzata nel migliore dei modi, per far sì che, sempre tenendo conto dell’andamento dei contagi, sia la più definitiva possibile».

 



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