Ecobonus, Di Giacomo: utile, ma i tempi ristretti vanificano tutto – IL CIRIACO

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Michele Di Giacomo

“Il maxi bonus fiscale è un elemento positivo per tutte le opportunità che offre, ma cosi come è stato concepito è inutilizzabile. Avevamo già fatto presente al Governo le difficoltà di una tempistica troppo ristretta in relazione alla burocrazia. E poi serve trasparenza”. E’ il parere del presidente provinciale dell’associazione nazionale costruttori Michele Di Giacomo per la misura inserita nel decreto legge “Rilancio” che prevede un bonus fiscale del 110% per l’efficientamento energetico e messa in sicurezza degli edifici.

Presidente, è un’opportunità per la riqualificazione urbana?
Se attuabile è una misura ottima, si può intervenire ad esempio su tutti gli edifici post terremoto con sostituzioni edilizie e adeguamenti oltre a tutti gli interventi di efficientamento energetico. Ma il punto è che fissati i termini mancano i tempi per la realizzazione.

In che senso?
Le agevolazioni scadono il 31 dicembre 2021. Sembra tantissimo ed invece… Tra progetti, permessi del Comune, Genio Civile, autorizzazioni di ogni genere, completamento dei lavori, collaudo e saldo è praticamente impossibile realizzarli. E’ utopia. A queste condizioni è difficilmente attuabile per interventi su vasta scala. Come Ance avevamo già fatto notare al Governo questa problematica chiedendo 10 anni, ci era stato riferito avrebbero spostato la scadenza al 2023 e ci siamo ritrovati il 2021. Ci cadono le braccia.

Cosa si può fare?
Stiamo parlando di un decreto legge e fino alla conversione in legge può ancora essere cambiato. La nostra parte la stiamo facendo, ma devono ascoltarci su questo punto ma anche su alcuni punti oscurati ancora non chiara e da analizzare.

Quali?
Sugli appalti pubblici avevamo avanzato richieste di snellimento delle procedure, aumento delle anticipazioni sugli appalti. Al momento non abbiamo visto niente nonostante le promesse. E poi c’è il mercato dei bonus fiscali, una cessione di crediti su crediti e partite di giro fino ad arrivare alle banche. Alla fine qualcuno dovrà i soldi alle imprese ma servono certezze assolute ed inequivocabili.

Quanto ha inciso il lockdown sul settore dell’edilizia?
Da 10 anni attraversiamo una crisi profonda, siamo arrivati ai minimi storici. Hanno ripreso già da una settimana le imprese che hanno commesse per appalti pubblici, contratti da rispettare. Ma tra i privati le aziende sono poche ad aver ripreso l’attività. Tutte queste misure, giuste, creano non poche difficoltà. Ma serve tempo per adeguarsi ai protocolli di sicurezza, la modalità di lavoro è cambiata. Distanze, mascherine, sanificazioni giornaliere. Le regole anti contagio sono rigide, l’impresa deve fare anche i conti con l’economia della commessa prima di avviare i lavori. Con direttori dei lavori e della sicurezza vanno valutati i costi aggiuntivi e questi dovrebbero essere riconosciuti. I lavori vanno tutelati, ma tutto questo ha un costo che potrebbe dare il colpo di grazie.

Ed in queste ore si discute anche della responsabilità penale del datore di lavoro per il contagio covid sul lavoro….
Il contagio è riconosciuto come infortunio sul lavoro, implica direttamente un procedimento penale. Ma se vengono attuate tutte le disposizioni richieste e queste vengono rispettate dai lavoratori come possiamo fare? Ma c’è un aspetto che difficilmente si coglie. Se un lavoratore si contagia, gli altri vanno in quarantena. L’azienda chiude. Perché dovremmo rischiare di far ammalare i nostri lavoratori? Anche in questo caso stiamo cercando di dialogare con il Governo.

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