Craxi e l’Italia dei leader

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Di Andrea Covotta

L ’Italia dei leader che hanno ridotto la forza dei partiti, ha preso forma non con la seconda repubblica ma con la prima. Il 16 luglio di 47 anni fa Bettino Craxi viene eletto segretario del partito socialista in un albergo della periferia romana: il Midas. E’ un Paese molto diverso da quello di oggi, scosso dal terrorismo ma, come adesso, anche allora c’era la crisi economica e un disagio sociale che i partiti delle ideologie forti riuscivano a stemperare. In quell’Italia del dialogo avviato tra Moro e Berlinguer si inserisce a sorpresa “l’uomo nuovo.” Bettino Craxi raccoglie i cocci del suo partito in crisi, e la sua prima missione è tenerlo in vita, provare a non farlo morire, a tenere la testa fuori dall’acqua e a divincolarsi dalla tenaglia del rapporto di governo con la DC e dall’abbraccio a sinistra con il PCI. Craxi ha davanti una strada in salita. I governi della solidarietà nazionale vedono i socialisti nella parte dei comprimari. I protagonisti sono democristiani e comunisti. Lui eletto dalle “vecchie volpi” socialiste come un segretario di transizione, si rivela un leader vero. Un uomo intelligente, ambizioso e spregiudicato. Sa perfettamente che per salvare il suo Psi non deve avere paura del gigante comunista. Per cambiare pelle al suo partito non usa la parola rottamazione, come fanno i leader di oggi, ma la mette in pratica. Promuove giovani personalità in tutti i posti di comando del partito e toglie spazio e potere alla generazione dei Nenni e dei De Martino. Raggiunge il risultato di vedere il Psi autonomo dalle due “chiese” democristiana e comunista. Con Berlinguer lo divide tutto, una distanza politica molto profonda. La sobrietà di Berlinguer e l’essere guascone di Craxi che impone un modo nuovo di guidare un partito. I congressi socialisti diventano pian piano simili alle convention americane. “Nani e ballerine” arrivò a definirli il ministro socialista Rino Formi ca per descrivere l’ambiente che si respirava intorno a Craxi che cambia la storia dei socialisti e guida il governo dall’83 all’87. La strada in salita è diventata la discesa verso Palazzo Chigi ed è stata percorsa in soli sette anni. Nella Dc ha un rapporto privilegiato con Arnaldo Forlani, scomparso la settimana scorsa, insieme ad Andreotti danno vita al cosiddetto Caf, un acronimo diventato sinonimo di potere. Come ha scritto Miriam Mafai “Bettino Craxi ha capito tutto, in anticipo. Ma la sua dismisura lo ha portato alla rovina. Ha capito che un partito moderno ha bisogno di una direzione monocratica, di un leader, in grado di muoversi sulla scena politica con assoluta libertà; ha capito che, più che il radicamento sociale, è importante il controllo del sistema dei media (di qui il suo legame con Berlusconi); ha capito infine che tra tutti i mezzi per l’azione politica, la priorità va assegnata alla risorsa finanziaria”. L’ascesa e la discesa di Craxi sta tutta in questa fotografia scattata dalla Mafai e si chiude con la pagina ignobile delle monetine del Raphael.


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