che cos’è la ruminazione mentale

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La psicologia usa il termine “ruminazione” per indicare quei pensieri assillanti che molti ripescano dai cassetti della memoria. Cosa fare per non rovinarsi il presente ed evitare di aprire la strada a disturbi dell’umore

Bovini, capre, pecore, giraffe e altri ruminanti sono animali complessi: nutrendosi solo di materiale vegetale, più difficile da digerire rispetto alla carne, sono dotati di uno stomaco composto da quattro scompartimenti comunicanti. Questo permette loro di rigurgitare e poi ruminare, cioè rimasticare, il cibo dopo averlo inghiottito la prima volta, in modo da sminuzzarlo maggiormente per rendere più facile l’assorbimento dei nutrienti.

La psicologia ha preso a prestito il termine ruminazione per indicare quei pensieri assillanti che molte persone continuano a ripescare dai cassetti della memoria per tornare a rifletterci su. Un po’ come accade ai ruminanti, è come se la mente continuasse a “masticare e rimasticare” sempre le stesse cose, in maniera ossessiva.

Che cos’è la ruminazione mentale

«Nel linguaggio comune, i termini ruminazione e rimuginio vengono spesso utilizzati come sinonimi, mentre si tratta di processi mentali diversi dal punto di vista clinico», evidenzia la dottoressa Tiziana De Ruggieri, psicologa e specialista in Psicoterapia a Padova.

«In entrambi i casi ci sono pensieri ripetitivi, intrusivi e senza uno scopo preciso che raggiungono la nostra mente in maniera automatica, apparentemente senza il nostro controllo. Cambia, però, la loro direzione: il ruminatore si focalizza sul passato e si domanda perché sta così male, da cosa deriva il suo malessere, cosa avrebbe potuto fare di diverso; il rimuginatore, invece, è spaventato dal futuro e vive con ansia tutto quello che potrebbe accadere, costruendo scenari apocalittici».

Rumninazione mentale: chi riguarda

La ruminazione è un processo mentale che può coinvolgere tutti, a qualunque età, ma può manifestarsi anche con il passare del tempo.

«Le persone anziane hanno “più vita” alle spalle da ruminare e, in più, la memoria a lungo termine è quella maggiormente preservata», considera l’esperta. «Per certi aspetti, ripensare al passato e a cosa poteva succedere è una tendenza fisiologica, che fa parte del normale percorso dell’esistenza, ma non deve diventare una sintomatologia grave e disturbante».


Quali sono le cause della ruminazione mentale

Alla base della ruminazione ci possono essere disturbi dell’umore (ansia, depressione, atteggiamenti ossessivi), ma agli albori ci sono anche studi sulla possibile implicazione di disturbi della personalità. Talvolta, si diventa ruminatori a seguito di un forte trauma emotivo oppure quando si ha una bassa autostima, quando si attraversa un periodo prolungato di stress o quando si è eccessivamente perfezionisti.

«Se è normale ripensare a qualcosa che è accaduto o avere delle preoccupazioni, nella ruminazione quei pensieri diventano così opprimenti da diventare “fissi”, senza lasciare spazio ad altro di positivo», descrive la dottoressa De Ruggieri. La mente resta sintonizzata sulle frequenze negative in qualunque momento della giornata, anche in quelli ricreativi, divertenti e distensivi: non c’è pace, insomma.

«I pensieri sono nuvole che attraversano il cielo e, alla fine, possono diradarsi oppure addensarsi fino a scatenare un temporale: a fare la differenza è l’emozione che associamo a quei pensieri», tiene a precisare l’esperta.


Quali sono i rischi della ruminazione mentale

Sia rimuginare troppo sul futuro sia ruminare sempre sul passato finiscono per inficiare la qualità di vita, perché i pensieri ossessivi fanno perdere di vista il presente.

«Nella ruminazione, pensare continuamente a cosa potevamo fare di diverso anni fa o in una certa situazione non ci fa concentrare sulle relazioni che stiamo vivendo oggi, sul lavoro che stiamo facendo, sulle occasioni che ci stanno capitando», commenta la dottoressa De Ruggieri. «Per di più, la continua e infruttuosa rievocazione di eventi negativi, errori commessi, ingiustizie subite o perdite avute finisce solo per alimentare rabbia, depressione e sofferenza».

Tutto questo può tradursi in un profondo senso di stanchezza (perché anche il lavoro cerebrale comporta un dispendio energetico) oppure in comportamenti disfunzionali, messi in atto per placare i pensieri ossessivi: alcolismo, uso di sostanze stupefacenti, isolamento sociale, addirittura suicidio nei casi più estremi.

Che cosa fare

Il modo migliore per interrompere il circolo vizioso della ruminazione è rivolgersi a uno specialista (psicoterapeuta o psichiatra) per imparare a gestire i pensieri automatici negativi con strategie specifiche.

«Diventare consapevoli del problema è il primo passo per imparare a gestirlo», specifica la dottoressa De Ruggieri. «Questo non significa ignorare i problemi o le preoccupazioni, ma trovare modi più funzionali per affrontarli, senza lasciare che prendano il controllo della nostra vita».

Guidati dal terapeuta, ad esempio, si può mettere in atto una forma di distrazione attiva, come dedicarsi a un hobby o fare esercizio fisico per deviare la mente dai pensieri ripetitivi, oppure si può scrivere un diario per mettere nero su bianco quello che ci tormenta, dargli un significato e trasformarlo in una lezione utile per il presente. «Quando necessario, si può ricorrere anche a una terapia farmacologica a base di antidepressivi e ansiolitici, soprattutto se la ruminazione costituisce uno dei sintomi dei disturbi dell’umore», conclude l’esperta.

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