Cataratta secondaria: cos’è, cause, sintomi, cura

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Può comparire mesi o addirittura anni dopo l’intervento di rimozione della cataratta, ma è risolvibile con un trattamento laser rapido, sicuro e indolore

“Mi è tornata la cataratta”. Dopo l’intervento di rimozione del cristallino opacizzato e l’inserimento di una lente intraoculare artificiale, molti pazienti sperimentano un nuovo annebbiamento della vista e si convincono di avere una ricaduta. In realtà, il cristallino che viene impiantato è di materiale sintetico e non può perdere la sua trasparenza originaria nel corso del tempo, per cui la cataratta non torna. Ma allora cosa accade?

«A distanza di mesi o addirittura anni dall’operazione, si può sviluppare la cosiddetta cataratta secondaria, nota anche come opacizzazione della capsula posteriore, un fenomeno che interessa dal 20 al 50 per cento dei pazienti», spiega il dottor Roberto Orsi, direttore della Struttura complessa di Oculistica dell’Ospedale Oftalmico Asl Città di Torino.

Cos’è la cataratta secondaria

Il cristallino naturale è una lente trasparente, poco più grande di una lenticchia, situata all’interno dell’occhio in un altrettanto piccolo involucro, detto sacca capsulare.

«Per eseguire l’intervento di cataratta, la sacca capsulare viene aperta da un lato con un taglio circolare per permettere la rimozione del cristallino opacizzato e il successivo inserimento della lente artificiale», spiega il dottor Orsi. «Può capitare che, a seguito dell’intervento, le cellule presenti nella sacca capsulare si moltiplichino per riempire gli eventuali spazi rimasti “vuoti” e poi migrino sulla superficie interna della capsula posteriore in modo sregolato, alterandone la trasparenza».

Quali sono i sintomi della cataratta secondaria

I sintomi della cataratta secondaria sono simili a quelli della cataratta vera e propria, per cui visione opaca e offuscata, difficoltà nel mettere a fuoco gli oggetti, aloni intorno alle luci, fastidio alla luce intensa e sensazione che i colori appaiano sbiaditi.

«L’effetto è simile a quello dei vetri smerigliati, caratterizzati da una serie di bolle casuali sulla superficie: allo stesso modo, il paziente con cataratta secondaria inizia a vedere offuscato, manifestando un calo della qualità e dell’acuità visiva».

A confermare la diagnosi può essere una normale visita oculistica, perché lo specialista – grazie alla lampada a fessura – è in grado di visualizzare la presenza di opacità sulla capsula posteriore.


Quali sono le cause della cataratta secondaria

L’età e la genetica individuale possono influenzare il rischio di sviluppare una cataratta secondaria.

«Per esempio, questa condizione è meno frequente dai 70 anni in poi, perché nel tempo diminuisce la capacità rigenerativa delle cellule, comprese quelle presenti a livello oculare, ma altrettanto conta la capacità dell’occhio di reagire a un insulto chirurgico», descrive il dottor Orsi.

A fare la differenza sono anche le lenti intraoculari artificiali: «Quelle moderne hanno minimizzato il rischio grazie al loro design con bordi posteriori squadrati», racconta l’esperto. «Questa particolare forma limita l’avanzamento delle cellule sulla superficie della sacca capsulare, perché la lente ha una buona aderenza e non lascia “spazi vuoti” che possono favorire la proliferazione cellulare».

Come si cura la cataratta secondaria

La cataratta secondaria si può risolvere facilmente con la capsulotomia YAG laser, un trattamento rapido, mininvasivo, indolore e sicuro che consente di ripristinare pienamente la capacità visiva.

«A differenza del normale intervento di cataratta, per questa procedura non occorre entrare in sala operatoria: nello studio oculistico oppure in ambulatorio, il paziente viene fatto accomodare di fronte alla lampada a fessura e, dopo l’instillazione di colliri per dilatare la pupilla, si crea con il laser un “foro” nella parte posteriore della sacca capsulare, in modo da permettere alla luce di arrivare intatta alla retina, consentendo la messa a fuoco delle immagini».

Il trattamento dura pochi secondi e poi bastano 12-24 ore per osservare un miglioramento della visione, che torna nitida. «È importante affidarsi a centri o specialisti qualificati e con comprovata esperienza per evitare complicazioni, seppure rare, come un danno alla lente intraoculare indotto dal laser, la rottura anomala della capsula posteriore, un aumento transitorio della pressione intraoculare o rotture retiniche», tiene a precisare il dottor Orsi.

«In generale, l’indicazione è semplice: lievi opacità oppure opacità che non interessano l’asse ottico possono essere semplicemente osservate nel tempo, mentre quelle che determinano un calo della soddisfazione visiva vanno sempre trattate».

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