Violenza sulle donne: emergenza sociale

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Foto: savethechildren.it

di Amalia Leo

Dall’inizio di quest’anno 2023 il numero dei femminicidi è salito a 106  con una frequenza di uccisioni di donne ogni tre giorni da parte prevalentemente  di compagni, mariti o ex. Una vera piaga sociale che attraversa tutto il nostro paese  e riguarda in maniera trasversale tutte le fasce d’età. Un massacro che in un recente studio registra che sono stati 170 casi nel 2012, 179 nel 2013, 152 nel 2014, 141 nel 2015, 145 nel 2016. All’interno della classe di omicidi in genere il 63,8% dei casi evidenzia che la vittima e l’autore sono coniugi o conviventi, il 12% fidanzati, il 24% aveva intrattenuto una relazione sentimentale (matrimonio, convivenza o fidanzamento) terminata qualche tempo prima dell’omicidio.

L’arma prevalentemente utilizzata è il coltello, che rinvia all’ambito domestico, all’uso di un oggetto offensivo  che si trova più a portata di mano nel momento del fatto. I casi più frequenti sono  legati alla sfera del rapporto sentimentale: gelosia, amore possessivo e morboso, rabbia per non riuscire a sottomettere la donna. Spesso l’uomo uccide una donna perché preferisce la sua morte alle conseguenze del mantenimento della relazione oppure   teme la scoperta di relazioni extra-coniugali, perché teme il confronto con una donna autonoma  non solo economicamente o  perché non sopporta di essere abbandonato.

C’è bisogno di un cambio di passo e considerare che i diversi mondi uomini/donne  sono complementari e non in opposizione o peggio non essere pregni di una mentalità patriarcale che considera la donna sottomessa e proprietà del padre prima e del marito dopo. La violenza di genere: un tipo di violenza fisica, psicologica o sessuale va riconosciuta in tempo, già al primo schiaffo o alla prima offesa verbale; si deve cambiare il contesto culturale   che è pieno di stereotipi e pregiudizi sessisti: va scardinata la mentalità patriarcale con un’assunzione di responsabilità, di repulsione patologica verso la donna smettendo di colpevolizzare le donne e giustificare gli uomini anche in casi di femminicidio.

Letteralmente patriarcato significa “legge del padre” e storicamente il termine indicava il predominio del padre sulla famiglia in ambito domestico. In origine le società erano  basate   su modelli in cui uomini e donne avevano gli stessi diritti e doveri, ma con l’avvento della rivoluzione agricola, circa 4000 anni fa, la proprietà privata per l’uomo è diventato fondamentale e per garantirsi potere e discendenza ha innescato un meccanismo di predominio con una  situazione di controllo sulla donna.

Oggi con patriarcato s’intende una società in cui il potere è prevalentemente maschile in tutti i settori del sociale fino alla Chiesa. La cultura occidentale, pur riconosce la parità tra uomini e donne, in realtà  spesso non favorisce le tendenze positive più evolute ma quelle più arcaiche, per esempio attraverso   la pornografia, la prostituzione, l’impulsività  ,la disparità di genere nel  trattamento economico a parità di mansioni, la diffusa mentalità che alla donna sia affidata la cura della famiglia a deperimento della carriera e delle  aspirazioni oltre la famiglia.

Su Rai Radio 1 in associazione con il centro antiviolenza e casa di accoglienza Cadmi di  Milano,  il primo a operare in Italia  dal 1986, è appena partita  la campagna “Come un’onda contro la violenza sulle donne“, un anno di impegno, con approfondimenti, interviste, con l’obiettivo di far emergere le contraddizioni e gli aspetti di un’ emergenza sociale che spesso vede anche i figli, spettatori e vittime di episodi di violenza contro le donne.

Papa Francesco nel messaggio inviato a Rai Radio 1 lo scorso 9 novembre augura che questa ‘onda’ sia davvero lunga e possa contribuire a un cambio di mentalità. Il Papa afferma che dal cuore e dalla carne di una donna è venuta al mondo la salvezza e come trattiamo la donna, in tutte le sue dimensioni, si rivela il nostro grado di umanità. La “violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici. E queste radici sono culturali e mentali, crescono nel terreno del pregiudizio, del possesso, dell’ingiustizia”. E’ tempo di  un  cambio di prospettiva e di mentalità che comincia con l’educazione sentimentale sia di maschi che di femmine e l’esempio in famiglia già in età neonatale e prosegue nel quotidiano ,con l’uso diligente dei mezzi di comunicazione.

La scuola ha una funzione essenziale perchè deve educare al rispetto della persona con la consapevolezza che sono egualmente persona sia l’uomo che la donna. Bisogna insegnare   la capacità di amore paritario e non la sopraffazione, il rispetto dell’altra persona con l’annientamento della pretesa di ritenere la donna una proprietà esclusiva.  Maturare la consapevolezza che la violenza contro le donne   è un nodo  strutturale, mai solo privato: un fenomeno che si annida nella relazione di potere ancora asimmetrica tra uomini e donne che vede i primi dominanti e le donne spesso sopraffatte da sensi di colpa e dalla sindrome  della crocerossina: un comportamento che manifesta eccessive cure verso il partner  attraverso un sacrificio personale che porta a trascurare i propri bisogni e a sopportare anche atti di violenza.

Oggi la vera sfida per combattere la violenza maschile contro le donne è saperla riconoscere ed annientarla sul nascere  con l’ausilio di leggi e strumenti adeguati disponibili sempre perché anche la denuncia fatta da donne in difficolta dev’essere integrata da adeguate misure di supporto  per la donna e anche di terapia per gli uomini violenti. Altrimenti  restano  insufficienti e inefficaci fiaccolate, spot o limitarsi a commemorare il  25 novembre  quale, giornata contro la violenza sulle donne.

Tale data  è stata scelta per ricordare tre sorelle  (Patria, Minerva e Maria Teresa), assassinate brutalmente il 25 novembre del 1960 da mandanti del dittatore Trujillo che per più di 30 anni dominò la Repubblica Dominicana   e che le tre sorelle  avevano cercato di contrastare.

Oggi il simbolo della violenza sulle donne è rappresentato dalle  scarpe rosse nato nel 2009 da un’idea dell’artista messicana Elina Chauvet come denuncia contro gli abusi sulle donne e il femminicidio. Il rosso è stato scelto quale simbolo dell’amore, della passione che si può trasformare in male, in violenza e in un tragico epilogo che: per nessuna doveva succedere, per nessun’altra deve succedere…

“Mi chiamasti Amore
quando boccioli di emozioni
si schiusero in petali di sguardi
in un soffio di promesse
raccolte nel candido velo
a celare l’inganno.
E mi chiamavi Amore
quando i cattivi pensieri
mortificavano le quotidiane certezze
e pian piano
l’orco del pozzo risaliva
a riempire le stanze
d’ingombranti fantasmi.
E continuavi a chiamarmi Amore
quando la violenza copriva l’Anima
e la mia Anima tradita,
d’ostinazione,
in silenzio,
respingeva l’inganno.
E mi hai ancora chiamato Amore
quando hai tatuato di sangue le tue unghie
fino a imprigionare il mio Tempo
nel tuo scrigno di pietra:
indelebile
vittima e carnefice.”


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