“Vaccinarsi è un atto d’amore e civiltà. Ora tocca a tutta la popolazione”: le prime testimonianze dal “Moscati” – IL CIRIACO

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Non possono nascondere un pizzico di emozione i primi due vaccinati contro il Covid della provincia di Avellino. Modestino Matarazzo, 45enne infermiere dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione e referente infermieristico della terapia intensiva, e Mariangela Raimondo, 40enne dirigente medico dell’Unità Operativa di Medicina Interna specializzato in Reumatologia e assegnato al Covid Hospital, danno il via al V-Day dell’ospedale “Moscati”. A loro le prime due delle cento dosi di vaccino Pfizer-BioNTech arrivate intorno alle 9.30 alla Città Ospedaliera e destinate agli operatori sanitari e non della struttura ospedaliera avellinese.

Toccanti le loro testimonianze. «Oggi iniziamo a vedere un barlume di luce in fondo al tunnel che abbiamo e che stiamo ancora vivendo. Come operatori sanitari avevamo il dovere etico di dare l’esempio vaccinandoci. Ma chiaramente l’auspicio è che tutta la comunità possa essere vaccinata nel minor tempo possibile per arginare il virus» dice Modestino Matarazzo.

Nessun dolore fisico per l’iniezione, ma tanta emozione nelle parole dell’infermiere che da marzo ad oggi ha operato nella terapia intensiva Covid. «Il pensiero è andato alle tante, troppe persone, che ci hanno lasciato. Tra gli operatori sanitari abbiamo avuto molte vittime, sia tra i medici che tra i colleghi infermieri. Abbiamo vissuto davvero giorni difficili, soprattutto all’inizio dell’emergenza quando, come in tutta Italia, avevamo difficoltà nell’approvvigionamento dei presidi di protezione. Poi grazie agli sforzi della direzione dell’ospedale e alle tantissime donazioni ricevute, siamo riusciti ad andare avanti. Ci sono stati anche giorni dove la speranza ha preso il posto della paura, e accade ogni qual volta un paziente esce dalla terapia intensiva. La battaglia è ancora lunga, ma stiamo iniziando a vincere noi» racconta.

Matarazzo invita però a non abbassare la guardia: «oggi inizia un percorso che non sarà breve, bisogna fare ancora tanta attenzione nelle prossime settimane soprattutto quando terminerà il lockdown delle feste di Natale. Il Covid è un virus subdolo che circola ancora e può portare a conseguenze molto gravi». Infine un messaggio ai no vax «vorrei prestargli i miei occhi per cinque minuti al giorno per far vedere loro cosa significa stare in un reparto di terapia intensiva. Io le scene che ho visto in questi mesi le avrò impresse in mente per tutta la vita. Sono convinto che se loro potessero vederle, cambierebbero idea in un istante».

Un momento toccante anche per la dottoressa Raimondo: «questa giornata rappresenta un nuovo inizio per tutti. La campagna di vaccinazione al momento è l’unica opportunità che abbiamo per emergere dalla pandemia, che è stata devastante sia sotto il profilo sociale che psicologico, ha interessato tutte le generazioni e tutti i settori della nostra vita. Vaccinarsi è un atto di fiducia estremo verso la medicina. Non bisogna avere riserve rispetto alla vaccinazione, oggi iniziamo noi che siamo in prima linea nella lotta al Covid, ma tutti dovranno farlo. Solo così riusciremo a riprenderci la nostra vita. Vaccinarsi è un atto d’amore, di civiltà e di fiducia che tutti dobbiamo compiere.». Anche per lei difficile non ricordare il dolore provato in corsia «abbiamo vissuto momento difficili, ma al tempo stesso si è creato uno spirito di squadra tra tutti gli operatori dell’ospedale che forse non ha precedenti. E’ grazie a questo che siamo riusciti ad affrontare situazioni estreme dal punto di vista emotivo e psicologico. Abbiamo avuto tante perdite e gli occhi di quei pazienti non si dimenticano, così come quelli che hanno avuto la fortuna e la forza di superare la malattia, sono certa non dimenticheranno mai il nostro sguardo che era l’unico strumento di comunicazione che ci restava. Attraverso i nostri sguardi è passato qualsiasi sentimento, dalla paura alla gioia, dalla speranza alla tristezza».

FOTO DI MARIO D’ARGENIO



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