Truffa sui ristori Covid da oltre un milione di euro, quattro arresti: nei guai un commercialista

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 La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Avellino e la Procura di Avellino hanno scoperto una sofisticata rete di frodi collegata a un presunto scandalo dei ristori Covid. L’operazione ha portato all’emanazione di quattro misure cautelari, firmate dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Avellino, con due indagati posti in carcere e altri due agli arresti domiciliari. I reati contestati spaziano dalla truffa aggravata ai danni dello Stato all’autoriciclaggio, con uno degli indagati anche accusato di falso in bilancio.

I due professionisti sono finiti in carcere, gli altri due soggetti ai domiciliari. Eseguito anche un sequestro preventivo per un ammontare complessivo di 1.190.968 euro in relazione ai reati di truffa continuata in danno di ente pubblico, riciclaggio, autoriciclaggio e falso in bilancio. I fatti risalgono al 2021. I fondi percepiti vennero stanziati nell’ambito dei decreti Sostegni e Sostegni bis: prevedevano un’erogazione diretta dei contributi a fondo perduto da parte dell’Agenzia delle entrate in favore degli operatori che ne avevano fatto istanza. Il regista dell’operazione sarebbe per gli inquirenti il commercialista di Mercogliano  insieme ad un altro

Le indagini, però, hanno accertato che i professionisti avevano posto in essere un “articolato sistema di frode – evidenziano dalla procura irpina – al fine di ottenere il beneficio in questione, attraverso la presentazione di istanze, da parte delle società coinvolte, nelle quali veniva dichiarata falsamente una flessione media mensile del fatturato tra gli anni 2019 e 2020, che ha consentito poi di percepire illecitamente contributi per un importo complessivo pari a 1.190.968 euro”.

Gli accertamenti hanno anche permesso di verificare che le società coinvolte a supporto delle istanze avevano presentato dichiarazioni integrative fiscali ai fini IVA ed imposte dirette, in rettifica di quelle originariamente presentate per gli anni d’imposta 2019 e 2020, nelle quali avevano riportato dati non veritieri, indicando, per ogni società, un volume d’affari di circa 9 milioni di euro, “solo per creare e dimostrare artificiosamente una flessione media del fatturato di circa 750 mila, tra l’anno 2019 e l’anno 2020”.


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