Strage bus, il direttore Autostrade intercettato: “meritava che andassi ad Avellino a dire la verità” – IL CIRIACO

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Paolo Berti, all’epoca del crollo del ponte Morandi direttore Operazioni centrali di Aspi, avrebbe mentito al processo sulla strage del bus di Avellino, avvenuta il 28 luglio 2013 sulla A16, per uno scatto di carriera e per un aumento di stipendio di circa 400 mila euro. Un comportamento processuale tenuto per coprire il suo superiore Giovanni Castellucci. E’ quanto emerge dall’inchiesta della procura di Genova sulle barriere fonoassorbenti pericolose che lo scorso 11 novembre ha portato agli arresti domiciliari oltre a Berti anche l’ex ad di Aspi e Atlantia Castellucci e il suo numero due Michele Donferri Mitell (leggi qui).

Berti è stato condannato dal tribunale di Avellino a cinque anni e 10 mesi per la strage del bus precipitato nel 2013 dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa causando la morte di 40 persone (leggi qui tutte le condanne). Castellucci era stato assolto. Il manager, emerge dalle intercettazioni depositate al Riesame, si aspettava una condanna di gran lunga inferiore in modo poi da chiedere la messa alla prova ed evitare il carcere. E quando invece i giudici leggono la sentenza si arrabbia tanto che al telefono dice: “Meritava che mi alzassi una mattina e andassi ad Avellino a dire la verità”. Dalle chiamate che Berti fa alla moglie ma anche a Donferri e altri colleghi, si capisce che il primo aumento di stipendio non basta più. Il manager vuole chiedere anche che Castellucci non prenda provvedimenti disciplinari. La procura di Avellino aveva impugnato la sentenza lo scorso anno mentre i colleghi genovesi avevano trasmesso le intercettazioni chiave.

Durissimo l’intervento del sottosegretario Carlo Sibilia. “Dall’inchiesta di Genova sulla dirigenza di ASPI emergerebbe che i vertici di Autostrade per l’Italia, ed in particolare Paolo Berti, pur difendere sé stessi e la propria carriera, abbiano mentito ai giudici del processo sulla strage del bus ad Avellino, che il 28 luglio 2013 spezzò la vita di 38 persone. Solo il pensiero mi fa rabbrividire. Sembra che certa gente, pagata per tenere al sicuro i cittadini italiani, abbia pensato al proprio tornaconto invece che alla salute di chi usa le autostrade. Oltre che a confermare, una volta di più, le negligenze della gestione del sistema autostradale, se quanto viene fuori dall’inchiesta dovesse essere confermato, tale risultanza sarebbe da tenere in considerazione in relazione agli esiti del processo sulla strage di Acqualonga, ad Avellino. Forse per qualcuno la vita di quelle 38 persone e dei dieci feriti valeva meno dello scatto di carriera e del conseguente aumento di stipendio. Ora si faccia piena luce, non solo sulla strage del Ponte Morandi, ma anche su quella di Avellino, in maniera da restituire giustizia, e soprattutto verità, alle vittime e alle loro famiglie”.



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