Se ne è andato. Ci ha lasciati il più grande di tutti, Diego Armando Maradona. Se ne va nello stesso giorno in cui, 15 anni fa, un altro grande della storia mondiale ci abbandonò: George Best.
Maradona è stato e sempre sarà l’icona del più bel periodo del pallone: perché nell’epoca d’oro del calcio, tra fenomeni che si susseguivano, nessuno ha mai avuto il dubbio che Diego fosse il più grande tra loro. Una vita di eccessi, a partire dal talento (e ne aveva, in abbondanza).
Non solo quello, chiaramente, perché tanti furono errori gli fatti fuori dal campo, ma nonostante tutto quasi mai ci si p fermati a pensare a questo. Perché quello che Maradona ha regalato nell’arco della sua luminosissima carriera, segnando un’epoca nella storia del calcio, non può non venire al primo posto quando pensi a lui. E poi, soprattutto, perché delle problematiche avute fuori dal rettangolo di gioco agli appassionati di calcio importa il giusto (cioè poco o nulla). Basta saper scindere l’atleta dalla persona. Nella vita di tutti i giorni è sempre stato un umano, come tutti noi, con pregi e difetti, con errori e virtù. Sul rettangolo verde, invece, di umano non ha mai avuto nulla.
In una carriera fatta di giocate spettacolari, di trofei vinti, di momenti indimenticabili, un pezzettino lo ricopre anche l’Avellino. Perché se è vero che ora i biancoverdi e il suo Napoli viaggiano su pianeti differenti, negli anni in cui Maradona incantava gli stadi di tutta Italia in Serie A c’erano anche i lupi. Anche se la rivalità ha avuto picchi alti nel corso della storia dei due club, si può dire che Maradona sia stato il rivale meno rivale di sempre. Perché grande, perché sempre rispettoso della storia della squadra biancoverde. Tante battaglie con i partenopei, che spinsero lo stesso Maradona a dire in una trasmissione argentina che il vero derby è quello tra Napoli e Avellino.
E se a dirlo è stato lui, Diego Armando Maradona, il più grande calciatore mai esistito, allora significa che è vero.
