Referendum costituzionale: basta un sì o un no per decidere sul taglio dei parlamentari – IL CIRIACO

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Domenica 20 settembre e lunedì 21 settembre, gli elettori saranno chiamati ad esprimersi anche sul referendum costituzionale in merito al taglio dei parlamentari. Il quesito a cui rispondere con un Sì o con un No che gli elettori si troveranno sulla scheda di colore blu è il seguente: “approvate il testo della legge costituzionale concernente modifiche agli articoli 56, 57, e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari, approvato dal Parlamento  e pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.240 del 12 ottobre 2019?”.

Cosa si chiede agli elettori? Di esprimere con un sì o con un no, la loro opinione in merito alla diminuzione del 36,5% dei componenti di Camera e Senato, così come previsto dal testo di legge approvato dal Parlamento in via definitiva l’8 agosto 2019, all’epoca del Conte I quando la maggioranza di Governo era composta da Lega e Movimento cinque stelle. Secondo il testo approvato ed oggi sottoposto a voto referendario, i seggi elettivi della Camera dei deputati passerebbero da 630 a 400, mentre quelli del Senato da 315 a 200. In totale dunque si taglierebbero 345 deputati.

Perché la riforma istituzionale arriva al referendum? Un quinto dei senatori, ai sensi del comma 2 dell’articolo 138 della Costituzione, ha potuto richiedere il referendum confermativo. La legge sul taglio dei parlamentari è infatti stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta (così come previsto sempre dall’articolo 138 della Costituzione, ma al comma 1). In seconda deliberazione però il non ha ottenuto la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera. L’11 luglio 2019, infatti, votarono contro i senatori  del Partito Democratico e di Liberi e Uguali, all’epoca opposizione del Governo giallo verde, e non parteciparono al voto gli eletti di Forza Italia, mentre l’8 ottobre 2019 la revisione costituzionale ottenne il via libera, in occasione dell’ultima lettura alla Camera, di tutti gli schieramenti parlamentari, di maggioranza ed opposizione, al netto di alcuni deputati del Misto, raggiungendo così il quorum dei due terzi alla Camera. Un risultato privo di effetto proprio per l’articolo 138 della Costituzione che dà la possibilità ad un quinto dei componenti di una delle due Camere di poter richiedere alla Corte suprema di Cassazione, cosa che hanno fatto 71 senatori, il referendum confermativo che, è bene ricordarlo, non richiede il raggiungimento del quorum per essere efficace.

Le ragioni del Sì. I sostenitori della riforma costituzionale, Movimento 5 stelle in primis, Lega, Fratelli di Italia e, con il Conte II, il Partito democratico che però vede al suo interno moltissimi esponenti e correnti interne che si dicono contrari, puntano su un Parlamento più smart che consenta di velocizzare ed efficientare le procedure e di risparmiare un po’ di soldi. Per i sostenitori del taglio dei parlamentari infatti ridurre il numero degli eletti renderebbe più veloci e trasparenti le decisioni, migliorerebbe la qualità delle proposte di legge e porterebbe un risparmio, in termini di costi, per lo Stato. Secondo i calcoli forniti dai sostenitori del Sì, eliminando 345 deputati si risparmierebbero circa 300mila euro al giorno, 500 milioni a legislatura. Inoltre, questa la tesi, l’Italia sarebbe tra i paesi occidentali con il più alto numero di eletti in rapporto al numero di abitanti. E’ dunque considerato eccessivo che il rapporto sia di 1 eletto ogni 64mila abitanti. Se passasse il Sì, con la riduzione dei parlamentari da 945 a 600, il rapporto sarebbe di 1 a 101mila persone.

Le ragioni del No. Chi sostiene il No, non solo forze politiche e singoli esponenti di partito ma anche molti costituzionalisti, il taglio dei parlamentari, così come presentato dal testo approvato, rischia di far cresce il distacco tra cittadini ed eletti. Per i contrari alla revisione costituzionale infatti, riducendo il numero di eletti metterebbe a repentaglio la democrazia e la rappresentanza territoriale soprattutto per quanto riguarda il Senato, che viene eletto su base regionale, e i collegi più piccoli che, dovendo eleggere meno parlamentari, rischiano di veder trionfare solo i partiti più grandi e più potenti. Per i sostenitori del No, il costo effettivo di risparmio che comporterebbe il taglio di 345 eletti sarebbe pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana, l’equivalente di un caffè all’anno per ogni italiano. Inoltre, questa la tesi, si ridurrebbe anche il dibattito politico interno ai partiti presenti in parlamento perché meno eletti sarebbero più controllabili dal leader della forza partitica con cui sono stati candidati e, meno parlamentari, comporterebbe anche una minore produttività delle commissioni di Camera e Senato.

 



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