Quel pasticciaccio brutto al Piano di Zona – IL CIRIACO

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Quando si invoca la trasparenza in politica o nell’amministrazione non lo si fa soltanto limitandosi alla correttezza degli atti e dei passaggi che portano ad una determinata scelta, ma anche, e forse sarebbe meglio dire soprattutto, perché siano chiari e non confutabili le motivazioni che hanno indotto chi è deputato a decidere a preferire una strada piuttosto che l’altra. Ecco, questo secondo aspetto è ciò che manca nella incredibile, per certi versi, vicenda dell’Azienda Speciale Consortile che, poco più di un anno fa, nacque dalle ceneri del vecchio Consorzio Servizi Sociali-Ambito A04, il Piano di Zona tanto per capirci.

Composto da sedici comuni, tra i quali il capoluogo, con un bacino di utenza che sfiora i 100mila abitanti (96272 per gli amanti della precisione), a distanza di tredici mesi dalla firma dell’atto costitutivo è praticamente ancora fermo al palo mancando a tutt’oggi del presidente (non ancora eletto) e del direttore generale (individuato ma non insediato ufficialmente). E qui incontriamo la scelta fatta con motivazioni non spiegate. Il direttore generale individuato dopo la selezione, Raffaele D’Elia, non si è mai potuto insediare ufficialmente perché il comune capoluogo non lo ha mai convocato per firmare il contratto ed anzi, nelle ultime settimane, lo ha addirittura “ricusato”. D’Elia – è la versione del Comune- non può ricoprire quel ruolo perché non è stato approvato Bilancio. La vicenda, ovviamente, finirà in tribunale con buona pace di chi immaginava che l’arrivo del direttore generale fosse l’atto con cui la neonata Azienda Consortile potesse togliere gli ormeggi e cominciare la sua navigazione. Niente di tutto questo, bisogna ricominciare daccapo con l’ombra del commissariamento della regione se entro fine anno non saranno state programmate le attività. E francamente rassicura poco, in questo quadro estremamente confuso, il fatto che il sindaco di Avellino si sia presentato all’assemblea dei sindaci, svoltasi a Capriglia, per dispensare rassicurazioni ed elargire fondi e placare così i sindaci più dubbiosi, un po’ come la mamma che regala caramelle al bambino per non farlo piangere. Sarà il Tribunale a dire se la scelta del comune è legittima ma le motivazioni restano ancora poco chiare e ciò finisce con il contare di più rispetto all’esito della vicenda. E allora sullo sfondo restano le domande fondamentali di questa vicenda: perché ad un centro punto D’Elia non va più bene? È forse questo un modo per esprimere apertamente una contrarietà all’Azienda Consortile che il sindaco di Avellino ha sempre avuto magari perché vede, con questa formula, sminuito il ruolo di Avellino? E per quale ragione una procedura passata al vaglio della terna commissariale, composta da altrettanti Prefetti, fatta propria dai dirigenti del comune viene, all’improvviso, da questi ultimi rimessa in discussione? La trasparenza e la chiarezza, dicevamo, devono esserci anche nelle motivazioni di fondo oltre che nei passaggi amministrativi, perché in caso contrario qualunque decisione presterebbe il fianco a più di una interpretazione maliziosa. Ad oggi quelle motivazioni non sono ancora chiare e dunque le scelte che ne sono derivate suscitano forti dubbi. Gli stessi che aleggiano sul futuro dell’Azienda Speciale Consortile, dopo tredici mesi ancora ferma al palo per ragioni che nulla hanno a che fare con l’assistenza a chi ne ha bisogno: la vera mission del Piano di Zona.



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