“Pronti ad apportare miglioramenti, ma il biodigestore di Chianche va avanti”: Tropeano ospite di Legambiente – IL CIRIACO

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Senza impianti impossibile chiudere il ciclo dei rifiuti in Campania e realizzare percorsi di economia circolare. Significherebbe sprecare l’opportunità che arriverà con il Recovery Fund che prevede, per investimenti nella green economy, il 37% dei 209 miliardi destinati all’Italia. E’ con questo spirito che Legambiente Campania ha dedicato un ampio spazio di Eco Forum 2020 al tema impiantistica. Un confronto dove, ospite tra gli altri il presidente dell’Ato rifiuti Valentino Tropeano, si è inevitabilmente discusso del biodigestore di Chianche.

«In Irpinia siamo abbastanza sereni per quanto riguarda il ciclo integrato dei rifiuti, abbiamo un’impiantistica già molto diffusa sul territorio che va implementata e migliorata. Purtroppo la genesi dell’impianto di compostaggio di Chianche è stata molto complicata, ma stiamo comunque andando avanti con il progetto perché fermamente convinti della bontà di un lavoro che è di assoluto interesse per i cittadini. L’impiantistica nel ciclo integrato dei rifiuti resta fondamentale, altrimenti possiamo raggiungere anche percentuali altissime di raccolta differenziata ma se non sappiamo come trattarla non andiamo da nessuna parte. Scontiamo chiaramente un aspetto culturale diffuso sui territori, per cui quando si parla di rifiuti tutti li definiamo una ricchezza ma poi, all’atto pratico quando c’è da fare delle scelte, i territori vengono fomentati contro. C’è anche una debolezza della politica che cerca ancora oggi di raccogliere consensi attraverso l’opposizione all’impiantistica. Il biodigestore di Chianche è stato progettato con tutti i crismi di legge e ha ottenuto anche il parere di Legambiente che ha valutato la bontà dell’impianto. Come Ente d’ambito siamo disposti ad apportare qualsiasi modifica affinché si possa ridurre ulteriormente l’impatto sul territorio, ma la realizzazione è imprescindibile perché l’impianto produrrà compost di qualità nel miglior modo possibile. E’ una struttura al passo con i tempi nella logica di un piano dinamico che magari, se pensiamo all’idrogeno e a tecnologie ancora più all’avanguardia, potrà essere migliorato ancora di più in futuro».

Una necessità, quella di dotare il territorio campano di impianti, sottolineata anche da Michele Buonomo del direttivo Legambiente: «su 2,5 milioni di tonnellate di scarti prodotti in Campania ogni anno, 900mila sono rappresentati dalla frazione organica Ma di queste ne trattiamo pochissime decine di migliaia. In regione ci sono solo 4 impianti funzionanti, per un territorio che necessiterebbe invece di almeno venti strutture soprattutto se immaginiamo che in futuro tutti i comuni campani arriveranno al 65% di raccolta differenziata. Paghiamo ritardi storici, speravamo in un’accelerazione con legge regionale di semplificazione sul ciclo rifiuti del 2016 che prevedeva un congruo numero di impianti. Una legge che richiama in gioco il territorio in prima persona, con le sue rappresentanze costituite in Ambiti territoriali ottimali. E’ il territorio che è chiamato a decidere autonomamente, nel rispetto delle normative. Quello che manca è forse una sorta di previsione di dibattito pubblico che possa vedere i cittadini realmente coinvolti da protagonisti nei processi decisionali che, però, non vanno bloccati».

Una legge che però, per ammissione dello stesso proponente, il vicepresidente della giunta regionale e assessore all’ambiente Fulvio Bonavitacola, ha registrato ritardi nella sua attuazione.

«Con la legge 14 del 2016 abbiamo definito il percorso di transizione alla normalità con la creazione degli enti d’ambito per governare il ciclo di rifiuti nei singoli territori provinciali. I comuni però- dice Bonavitacola- non sempre hanno compreso che stavamo trasferendo nelle loro mani un servizio strategico. E i ritardi ci sono stati, tanto che la Regione ha minacciato anche l’esercizio di poteri sostitutivi in alcuni casi, ma tuttavia nell’ultima fase abbiamo registrato un cambio di passo».

Ad evidenziare però le lacune della legge regionale e a suggerire di prendere spunto da altre esperienze, come quella della Toscana e dell’Emilia Romagna, è Stefano Ciafani presidente di Legambiente. «Non esiste economia circolare senza impianti: per far sparire i rifiuti che vanno in discarica e negli impianti di incenerimento, ci vuole l’industria e le scelte dei territori. La Toscana ha previsto, nell’ambito della legge regionale, il dibattito pubblico alla francese, una buona pratica da mettere in campo anche al Sud Italia e soprattutto in Campania proprio per superare le diffidenze delle popolazioni locali e coinvolgerle nei percorsi decisionali. C’è poi la Regione Emilia Romagna che ha permesso, ottenendo nel giro di breve tempo i risultati sperati, un sistema di premialità e penalità: i comuni che portano più di 150 chili di rifiuti pro capite all’anno in discarica,  pagano una sanzione, chi invece riduce il quantitativo viene premiato. Una leva economica importante per far diventare virtuosi quelli che non lo sono. La Campania potrebbe copiare le due leggi di Toscana ed Emilia per provare a completare la rivoluzione circolare che in venti anni è stata possibile grazie ad amministratori coraggiosi e ad associazioni come Legambiente. Magari la Regione, oltre a parlare, dovrebbe imparare anche ad ascoltare e importare buone pratiche».

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