previsti numeri record, dalla Liguria ad Avellino – Corriere dell’Irpinia

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Alla vigilia di ogni campagna elettorale che si rispetti, ritorna il solito ritornello: “A cosa serve andare a votare? Tanto non cambia mai nulla…“. Pochi semplici parole, distratte, disilluse, ma guai a definirle superficiali. Ed il perché è nei freddi numeri.

Secondo una ricerca di OpenPolis, se in oltre 30 anni l’affluenza è calata di 10 punti, passando da oltre il 90% fino a valori comunque superiori all’80%, nel successivo quindicennio il calo dell’affluenza ha subito una drastica accelerazione. Tra il 2008 e il 2022 infatti la quota di elettori che si sono recati alle urne si è ridotta di quasi 17 punti percentuali.

Per intenderci, alle ultime elezioni europee del 2019 non hanno votato il 45,50% degli aventi diritto, con un leggero calo nelle politiche del 2022 con gli astenuti che si sono attestati al 36%. In alcune zone solo 1 persona su 2 ha votato. Se a questi valori si aggiungessero quelli delle schede bianche, il dato aumenterebbe a dismisura. Senza ombra di dubbio, il primo partito italiano. Tradotto: pochi, decidono le sorti di molti, moltissimi.

Cos’ha fatto la politica per cercare di scalfire questi numeri e risvegliare nei cittadini il fuoco della partecipazione? Siamo alla vigilia dell’avvio della campagna elettorale in numerosi comuni, tra cui quello di Avellino e a un mese dalle elezioni europee.

La città all’ombra del Partenio vive un inverno politico senza precedenti. Lo tsunami di inchieste giudiziarie che hanno portato all’arresto dell’ex sindaco Gianluca Festa, sul quale pendono pesanti ipotesi di reato, ha inflitto un colpo profondo nella fiducia degli elettori. E, forse, di quei pochi che ancora credevano nella democrazia elettiva. Se, a questo, ci aggiungiamo che escludendo la coalizione di centrosinistra e qualche frammento del centrodestra, nella corsa all’ente di Piazza del Popolo ci saranno due grandi schieramenti civici – uno a sostegno di Rino Genovese di estrazione di destra e uno che fa riferimento all’area festiana –  registriamo una sostanziale assenza della politica, sostituita da un civismo ormai imperante.

E girovagando per lo Stivale non è che gli altri se la passino benissimo. Da Bari a Catania, fino alla Liguria. Corruzione, favoritismo, clientelismo, voti venduti per pochi spiccioli. Si direbbe un altro modo di intendere la politica, che rimpolpa le fila di coloro che il weekend dell’8 e 9 giugno preferirà fare altro, piuttosto che recarsi alle urne. E in gioco c’è il rinnovo del parlamento europeo, in uno dei contesti geopolitici più fragili degli ultimi 30 anni. Mettendo a serio rischio i numerosi fondi messi a disposizioni dall’Unione, fondamentali per lo sviluppo dei nostri territori.

Ecco la nostra cartina al tornasole di una democrazia che non gira più, frequentata ormai da uno sparuto gruppo di sognatori, che ancora crede che il futuro risieda nella partecipazione attiva.



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