Piscina, il Comune si riprende il suolo. E il Tar rigetta il ricorso contro l’interdittiva antimafia – IL CIRIACO

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Avellino – Il Comune di Avellino si riprende il suolo su cui è stata realizzata la Piscina Comunale. La decisione è stata presa a Palazzo di Città e messa nero su bianco in un’apposita determina sottoscritta da Luigi Cicalese, dirigente di settore, e da Michele Arvonio, responsabile unico del procedimento relativo al project financing sulla Piscina Comunale. «Recedere con effetto immediato dalla concessione del diritto di superficie di cui alla convenzione rep. n. 3072/2003 del 03.04.2003, ai sensi dell’art.94 del D. Lgs. n. 159/2011», è quanto stabilisce la determina che ricostruisce tutti i passaggi degli ultimi anni. Da precisare che la Polisportiva Avellino avrà 60 giorni di tempo per presentare ricorso al Tar o 120 giorni per presentare ricorso straordinario dal Capo dello Stato.

La determina ripercorre le tappe che hanno portato il Comune a recedere con effetto immediato la concessione del diritto di superficie. La vicenda prende spunto dalla decisione della Prefettura di Napoli del 2018 che «con nota prot. n. 145936 del 31.05.2018, ai sensi degli artt. 84 e 91 del D. Lgs. n. 159/2011, ha comunicato che sussistono tentativi di infiltrazioni mafiosa» cita la determina ricordando come la società abbia presentato ricorso al Tar contro tale decisione. E proprio in questi giorni il Tribunale amministrativo ha pubblicato al sentenza con cui rigetta il ricorso introduttivo e i motivi aggiuntivi, così come stabilito dalla Camera di Consiglio.

Per l’ente di Piazza del Popolo, secondo quanto stabilisce il D. Lgs. n. 159/2011, cosiddetto codice antimafia, esisterebbero i presupposti per procedere alla rescissione della convenzione: «L’art. 92, co. 4 del D. Lgs. n. 159/2011 prevede che “La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all’autorizzazione del subcontratto”», recita la determina richiamando anche l’articolo 94 dello stesso decreto legislativo. «Prevede che “Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 84 – comma 4 ed art. 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, nè autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni” (comma 1) e che qualora tali elementi “siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti …”».

Sulla scorta di quest’ultimo, il Comune aveva avviato la procedura di revoca lo scorso 21 gennaio 2019 contro cui la società ha presentato ricorso al Tar chiedendo, in occasione della Camera di Consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, l’abbinamento al merito. «In occasione dell’udienza di merito ha chiesto la cancellazione del ricorso dal ruolo; per l’effetto, i provvedimenti impugnati risultano, a tutt’oggi, validi ed efficaci», sottolinea la determina che ribadisce «l’adozione del provvedimento di recesso, quindi, rappresenta un atto dovuto e che, nella specie, non sussistono i presupposti eccezionali – e discrezionali – di cui all’art. 94 – comma 3 del D. Lgs. n. 159/2011».



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