Piacci: raccontare Napoli, al di là degli stereoripi e della narrazione mainstream. Questa città non mi appartiene

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E’ una Napoli che val di là degli stereotipi, dell’immagine da cartolina troppo spesso consegnata ai turisti quella che racconta Giancarlo Piacci nel suo romanzo “I Santi d’argento” edito da Salani, nell’ambito degli eventi collegati al Campania Libri Festival, in programma dal 5 all’8 ottobre. Lo sottolinea lo stesso autore, napoletano doc, lettore di polizieschi e libraio appassionato “Mi piaceva l’idea di offrire uno spaccato della città in cui vivo, a partire da Spaccanapoli in cui è la mia libreria. Sono sempre stato un lettore del crime da Agatha Christie  a Conan Doyle fino a Vargas e Don Wislow. Ma il mio orizzonte come lettore è cambiato da quando ho scoperto Izzo, ho scoperto che il poliziesco poteva essere strumento per raccontare un’umanità e un territorio in sofferenza. E la Marsiglia di Izzo appariva così simile alla Napoli degli anni ’90”. A confrontarsi con lui il professore Leonardo Festa, il professore Massimo Adinolfi, direttore di Campania Libri Festival e Paquito Catanzaro, critico letterario e tra gli animatori della rassegna “Ricomincio dai libri”.

E’ Piacci a soffermarsi sulla storia che di dipana tra le pagine “Il protagonista è Vincenzo, che vive a Bacoli, in una forma di autoisolamento, lontano da Napoli dove dovrebbe fare i conti con fantasmi legati al suo passato. Ma una persona gli presenta il conto e dovrà fare i conti proprio con il suo passato. E’ un uomo a riferigli che il figlio dell’uomo a cui è legato da un debito di riconoscenza è stato ucciso. Il suo compito sarà quello di fare luce sul caso, archiviato come suicidio. Nel tornare a Napoli la troverà irriconoscibile, tanto da non trovare, scendendo a Montesanto, la strada di casa. Si trova a dover fare i conti con un’umanità così diversa da quella che conosceva da restare senza parole”. Un’amarezza che è anche quella di Piacci “Oggi c’è una Napoli che è esclusa dalle narrazioni mainstream, è la narrazione delle persone che vivono in un contesto popolare e si rendono protagonisti dell’atto eroico di resistere. Napoli è  sempre ambivalente, divisa tra due anime, una che sprofonda e una che resiste, non la si può raccontare in un modo solo, è così plurale che si può parlare solo del poprior punto di vista”. Sottolinea come “Napoli è impegnata a rappresentare sè stessa, costretta a indossare un vestito di Carnevale. Quando ero più piccolo, avevamo paura di passare per alcuni vicoli perchè erano considerati pericolosi, oggi non ci passiamo ugualmente perchè ci sono solo tavolini dei bar e turisti. E’ una città che non mi appartiene. Oggi chi viene a Napoli cerca Pulcinella e la pizza”. E’ Catanzaro a spiegare come “Nel romanzo di Piacci si intrecciano più generi, dal noir al romanzo di formazione. L’abilità dell’autore è quella di dare voce a personaggi che raccontano una Napoli autentica. E’ il capoluogo partenopeo il vero protagonista del romanzo”. Una storia in cui entra con forza anche la piaga dell’emigrazione “Non si può parlare del Sud – spiega Piacci – senza parlare dell’esperienza migratoria. Una gran parte della mia famiglia è emigrata a Milano. E’ quello che accade anche al protagonista del libro che si ritrova a lavorare a Milano in fabbrica, convinto che non possa riscuotere a Napoli il suo credito con la fortuna, chiedendosi se è questa che è la vita che voleva. Si parte per cercare comunità ma ci si ritrova soli, credendo che l’unica possibilità di riscatto sia quella di avvicinarsi a universi pericolosi”. Fino al mito di Maradona che cambia la storia di Napoli “Quando è arrivato questo extraterrestre, abbiamo avuto l’impressione che Napoli potesse competere con il mondo, cancellando l’immagine di una città conservatrice, perchè questa volta il superoe era dalla nostra parte”. Spiega come “Sono le donne a muovere la storia, capace di resistere con la loro forza morale, malgrado i bombardamenti della vita. Donne come la nonna del protagonista che incarna il lato esoterico di Napoli o come Ernestina, emblema di quella solitudine che tutti facciamo finta di non vedere”.

E’ Adinolfi a spiegare come il romanzo diventa strumento prezioso per comprendere Napoli e il suo lato oscuro, al di là di quel processo di turistizzazione della città. E sul Campania libri festival “L’obiettivo è quello di guardare alle nuove generazioni e coinvolgere sempre di più i giovani lettori. L’idea è quella di avvicinare il più possibile il pubblico al mattone fondamentale della nostra società. il libro con il coinvolgimento di scrittori, giornalisti e registi. Si possono proporre percorsi diversi ma tutti convergenti a fare sì che sempre più persone abbiano un libro sul comodino. Il fatto che siamo stati chiusi in casa durante la pandemia ha favorito al lettura ma è anche vero che oggi ci sono opportunitò diverse di fruzione culturale, il libro ha concorrenti pericolosi. Da parte mia non riesco a immaginare che possa essere sostituita una tecnologia perfetta come è il libro ma certamente si possono affiancare strumenti diversi, il libro cartaceo sollecita un’attenzione diversa rispetto al digitale”. Spiega come “E’ incedibile la quantità di scrittori partenopo, c’è un fervore culturale e un pubblico giovane. Napoli si conferma città con una capacità di proporre novità sul piano della letteratura”,

E sull’uso delle nuove tecnologie è Piacci ad essere ottimista “Tik tok ci sta regalando uno spaccato sui libri a cui i giovani guardano con interesse, a una narrativa di urban fantasy si affiancano anche opere di Mac Grath e altri autori che sono letteratura”

E’, infine, Paquito Catanzaro a spiegare come “Tutti gli scrittori più letti sono partenopei, da Maurizio De Giovanni a Viola Ardone. Quello che ci manca è una casa editrice capace di competere con le grandi case editrici del Nord. Di qui l’idea di costruire una rete tra le piccole case editrici, stabilendo un ponte tra la rassegna ‘Ricomincio dai libri’ e il Campania libri festival”


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