Mele: i nuovi poveri hanno un solo profilo. L’emergenza? Spaventa, come il domani incerto – IL CIRIACO

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I dati diffusi dalla Caritas nazionale rispecchiano quelli della organizzazione irpina che saranno pubblicati nelle prossime settimane contestualmente al report regionale su povertà ed esclusione. Se a livello nazionale il 52% degli utenti Caritas fa riferimento a nuclei familiari italiani, ed è la prima volta che si registra il sorpasso sulle persone straniere che usufruiscono dei servizi delle diocesi italiane, gli effetti drammatici della crisi economica e sociale dovuta al Covid 19 si sentono anche in Irpinia.  I cosiddetti nuovi poveri, che a livello nazionale salgono dal 31 al 45% con il conseguente aumento di domanda che segna un +12,7% rispetto al 2019, bussano anche alle porte delle strutture di Avellino.

Ad entrare nel dettaglio è Carlo Mele, direttore della Caritas avellinese. «Il rapporto raccoglie tutte le esperienze diocesane, quindi anche la nostra. E’ la sintesi del lavoro che portano avanti le Chiese italiane attraverso le Caritas e la rete dei centri di ascolto, e racconta il disagio reale che vive la nostra comunità. I dati irpini sono in fase di pubblicazione, confluiranno nel report regionale ma, al di là dei numeri, la fotografia della povertà e dell’emarginazione sociale in provincia di Avellino rispecchia in pieno quella nazionale». Da Nord a Sud la chiusura di tante attività, la perdita di posti di lavoro e soprattutto la mancanza di prospettive, l’esercito dei nuovi poveri ha lo stesso profilo.  «Parliamo di artigiani, commercianti, tutto l’indotto della piccola economia che è in grave sofferenza. Ma a richiedere il nostro aiuto- prosegue Mele- sono anche i tanti che un lavoro hanno continuato ad averlo ma magari sono stati messi in cassa integrazione nei mesi di lockdown e, ad oggi, ancora non hanno ricevuto un euro. I sostegni economici previsti per l’emergenza tardano, e c’è chi nell’attesa non riesce più a garantire una vita dignitosa alla propria famiglia. Tanta gente che viveva dell’economia personale, ambulanti, lavoratori della ristorazione, commercianti iniziano a venire per chiedere aiuto e possibilità per tirare avanti».

A far paura è la seconda ondata che «mette a rischio ancora di più un’economia che già stentava prima dell’emergenza e che stava cercando di ripartire seppure lentamente. Questo è il dato preoccupante, ci aspettavamo un autunno caldo ma sotto il profilo economico non sotto quello sanitario. Un dramma che ricomincia e mette tutti ancora di più in sofferenza. Su questo fronte, stiamo registrando disagi soprattutto di natura psicologica, in particolare di giovani mamme che non riescono a trovare un punto stabile per poter assicurare un minimo di benessere ai propri figli. Infatti sono molte le richieste che arrivano ai nostri servizi di assistenza psicologica e sostegno alla genitorialità». E l’aumento dei contagi, con il conseguente inasprirsi delle misure di distanziamento fisico, cambia anche le modalità di intervento della Caritas. In particolare per quanto riguarda la mensa dormitorio “Don Tonino Bello” di via Morelli e Silvati. «Stiamo continuando a fornire pranzi solo da asporto, per tenere il virus fuori dalla struttura e tutelare chi usufruisce anche del dormitorio. Se l’andamento epidemiologico continuerà a peggiorare, saremo costretti a ritornare alla Fase 1, e cioè a chiede ai nostri ospiti di autogestirsi. Stiamo cercando di seguire le famiglie nelle loro abitazioni, evitando che si muovano da lì- chiosa il direttore- grazie alla disponibilità dei nostri pochi operatori a recarsi casa per casa e fornire ciò che è necessario. Non ci siamo mai fermati, e non lo faremo neanche adesso che a far paura non è più solo il virus, ma il domani stesso».



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