L’Irpinia che produce c’è, quel che manca è il sistema Irpinia – IL CIRIACO

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Dall’enogastronomia all’innovazione digitale, dall’abbigliamento alla formazione professionale. Esiste un’Irpinia che produce, ma quel che manca è un sistema Irpinia. E’ quel che viene fuori dal webinar organizzato dall’associazione culturale “La Ripa” e dal Centro Studi “Fiorentino Sullo”, che ha visto a confronto questo pomeriggio giovani e meno giovani imprenditori della provincia che, dopo aver maturato esperienza professionali e di studi in altre zone d’Italia e del mondo, ha deciso di tornare a casa, portando con sé il bagaglio di know how acquisito altrove e puntando, ognuno nel suo piccolo, a inserire il proprio tassello nel gande mosaico dello sviluppo del territorio. Coordinati da Roberto Sullo, dopo i saluti del sindaco di Castelvetere sul Calore Generoso Moccia, otto protagonisti dell’imprenditoria irpina hanno messo sul tavolo le proprie esperienze e i propri obiettivi, con un unico filo conduttore: la volontà di contribuire a favorire una cultura di impresa per invertire la rotta di un’Irpinia sempre più spopolata.  Tra loro Fabio De Beaumont, titolare dell’omonima azienda agricola di Castelvetere sul Calore che, dopo alcuni anni a Roma, ha deciso di tornare in patria  e di riprendere l’antica tradizione di famiglia, la vinificazione. «Non è stato semplice considerando che avevo intrapreso tutt’altra strada, quella della giurisprudenza, ma la voglia di valorizzare un prodotto irpino rendendolo unico è stata più forte delle difficoltà. La filosofia della nostra azienda è sempre stata quella di puntare  non sulla quantità ma sulla qualità del prodotto». Ed è così che è nato il “Barbera irpino”, il Don Fa’, una miscela di uve Aglianico. Ma non solo. De  Beaumont lega la sua azienda a progetti ecosostenibili, «utilizziamo prodotti che salvaguardano il terreno» e ha deciso di puntare sull’enoturismo. «Abbiamo affiancato all’azienda un piccolo agriturismo e lavoriamo molto con i turisti del Nord Europa. Ecco perché, grazie ad alcuni bandi della Regione a cui abbiamo partecipato, realizzeremo nel centro storico del Paese, un locale in cui noleggeremo bici per organizzare tour in Irpinia, percorsi sul modello di quelli della Toscana dove aggregazione e turismo legati al territorio funzionano». Ma c’è anche chi, come Giancarlo Caiazzo di “Antica Maccaroneria”, pur non essendo irpino di nascita ha scelto questa terra, segnatamente di Rocca San Felice, per realizzare il suo pastificio. «In Irpinia si coltiva il miglior grano di Italia, in termini di qualità ed è qui che ho deciso di produrre, seguendo l’antica tradizione di maestro pastaio di mio padre, utilizzando macchinari di inizio ‘900. Lavoriamo tantissimo sui mercati esteri, questo significa sponsorizzare l’Irpinia.  Il vero traino delle aziende è il territorio in cui insistono, e da questo punto la provincia di Avellino ha un enorme potenziale essendo tra le più vergini del Paese.  Spesso però aziende e territorio non si conoscono tra di loro. Nel mio settore è difficile individuare tutte le professionalità necessarie, soprattutto tra i giovani, che però poi scopriamo esserci anche in provincia.  Per questo diventa fondamentale creare sinergia tra istituzioni e aziende, fare rete per dare a tanti giovani capaci e volenterosi la possibilità di costruire qui il proprio futuro». Una necessità condivisa da Andrea Di Vietri  diRu.Ral Birra Artigianale Irpina”: «per costruire una visione di futuro per l’Irpinia bisogna lavorare tutti sotto lo stesso brand, il territorio». Un’impresa, quella di produrre birra artigianale mantenendo il luppolo quale ingrediente principale e caratterizzante, che racconta Vietri «è nata un po’ per gioco. Poi però, approfondendo meglio il prodotto, ci siamo resi conto che c’erano delle potenzialità anche in collina. La grande industria ha standardizzato i sapori, ha quasi annullato il sapore del luppolo perché è molto costoso. Noi invece abbiamo deciso di puntare tutte le nostre produzioni sul luppolo di collina, quindi puntando ad una birra di qualità». Dal vino, alla pasta alla birra fino all’abbigliamento, quello prodotto da Salvatore Caruso di “Nelle Grandi Fauci” di Calitri. Un progetto che nasce dalle ceneri di una vecchia sartoria che esisteva nel paese altirpino prima del terremoto di cui il padre di Caruso era socio. «Sono nato tra le pezze – racconta l’imprenditore- ma avevo sempre in mente l’idea di produrre qualcosa di assolutamente unico. E così oggi realizziamo un jeans che va messo in freezer non lavato, perché a differenza dei denim tradizionali che utilizzano agenti chimici molto nocivi il nostro è un prodotto ecosostenibile. E, da qualche tempo, posso definirmi anche coltivatore: abbiamo piantato il cotone necessario a cucire i nostri capi». Ma per rendere note al mondo le imprese locali è indispensabile l’innovazione delle aziende. Lo sa bene Vittorio Nesta che due anni fa a Caposele ha fondato la “Digital Bridge”: «non produciamo bontà irpine ma tentiamo di portare a casa l’obiettivo ambizioso di contribuire alla nascita di comuni, aziende e scuole digitali. Diamo il supporto tecnico nei processi di innovazione e trasformazione digitale che oggi sono indispensabili. Siamo in quattro, tutti amici di Caposele, che però hanno avuto il coraggio di restare, anzi di tornare, nella loro terra. Dopo aver studiato fuori, abbiamo scelto di fare tesoro di quelle conoscenze e sfruttarle per ripopolare la realtà aziendale irpina. Ed è un invito che rivolgo a tanti nostri coetanei: bisogna prendere il coraggio a due mani e a creare qualcosa di proprio in Irpinia, per dare così il nostro contributo a rendere di nuovo grande la nostra realtà». E c’è chi addirittura è prima partito e poi tornato dagli States a Sant’Angelo dei Lombardi, come Nicolas Verderosa fondatore di «eiTRAVEL»: «il nostro è un tour operator che vende, sul mercato nazionale ed internazionale, esperienze e pacchetti turistici in Irpinia. Il progetto Irpinia, che punta  a far conoscere la nostra terra sotto il profilo culturale, paesaggistico ed imprenditoriale, è partito proprio a luglio 2020 durante la pandemia. Nonostante le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, stiamo già lavorando ai pacchetti per l’estate 2021, perché fermamente convinti che si può fare la differenza solo facendo rete con altre aziende del territorio. Il nostro team è composto da professionisti del turismo, informatici, economisti che hanno deciso di puntare sulle potenzialità dell’Irpinia a trecentosessanta gradi». Ma, prima dello spirito imprenditoriale, viene la formazione professionale. Lo sa bene Carmine Tirri, direttore dell’Its “Antonio Bruno” che racconta l’esperienza  dell’istituto tecnico superiore, uno dei nove della Campania, nato nel 2018 come fondazione e che ha già portato 21 ragazzi al diploma di Tecnico superiore per l’Automazione ed i sistemi meccatronici, e, soprattutto, all’ingresso nel mondo del lavoro: «con duemila ore di formazione, di cui 1200 di didattica frontale e 800 di stage presso aziende del territorio, e grazie al supporto di oltre 30 aziende irpine, come Ema, Denso, Gruppo Bruno, comuni, Provincia, scuole tecniche del territorio, l’Its accoglie la sfida della formazione che è fondamentale per permettere ai giovani di poter lavorare in Irpinia dove la richiesta di personale specializzato da parte delle aziende, c’è ed è continua. Ma- sottolinea Tirri- gli Its in Italia formano ogni anno circa 10mila persone, mentre la Germania ne diploma 900mila, paesi come Inghilterra e Francia 300mila.  Questo è un gap da colmare da un lato per permettere alle nostre aziende di innovarsi sempre di più e di orientarsi all’industria 4.0, dall’altro per dare ai giovani irpini gli strumenti per poter lavorare nel loro territorio». Eccellenze che esistono nella provincia di Avellino ma che faticano a conoscersi tra di loro e a fare rete per costruire un modello di sviluppo organico del territorio. «Coinvolgere chi ha storie da raccontare e valori da far veicolare è fondamentale- chiosa

Stefano Carluccio di “Sud Innovation Hub”- al tempo stesso però bisogna creare luoghi di coworking, fab lab, incubatori di impresa, che non sono appannaggio solo delle grandi città. Spazi fisici per mettere in rete le aziende che poi insieme possano fungere da attrattori di idee e catalizzatori di energie e di eventi legati ai singoli settori».

 



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