“Le Troiane” di Euripide di Cerciello in scena al Teatro Elicantropo di Napoli

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Sono “Le Troiane” di Euripide ad inaugurare la stagione al Teatro Elicantropo di Napoli  giovedì 11 gennaio, alle 20.30 (repliche fino a domenica 4 febbraio). Uno spettacolo tratto da ‘Le Troiane, Ecuba e Elena’ di Euripide, adattamento di Sartre e riscrittura di Seneca, per la regia di Carlo Cerciello. Presentato da Anonima Romanzi Teatro Elicantropo, l’allestimento vede protagoniste in scena Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei, con i costumi a cura di Antonella Mancuso e le musiche di Paolo Coletta.

Lo spettacolo è realizzato nell’ambito del progetto triennale di Formazione, Perfezionamento Professionale e avviamento al lavoro, dedicato agli allievi ed ex allievi del Laboratorio Teatrale Permanente del Teatro Elicantropo.
“La tragedia del 415 avanti Cristo è come un messaggio in bottiglia inviato ai posteri, perché essi non ricommettano gli stessi terribili errori del passato” evidenziano i promotori dello spettacolo in una nota. Quel messaggio “per noi contemporanei è solo carta straccia e oggi, quel testo in cui Euripide denunciava la disumanità e l’ingiustizia della guerra, è poco più che una favoletta”. E si aggiunge: “I frullatori mediatici sono fatti apposta per triturare il tragico riducendolo ad una pilotabile controversia tra ragione e torto.
Quella di Troia, come tutte le guerre, nacque per interessi economici e di conquista, ma le vittime di quella guerra, incarnate dai personaggi femminili della tragedia euripidea, facili prede della propaganda nemica e accecate dal desiderio di vendetta, insistono nel ritenere Elena l’unica responsabile del conflitto”. Lo stesso Euripide delineò una Elena innocente nella tragedia omonima del 412 a. C. La Tindaride, infatti, non aveva tradito il marito, poiché nel letto di Paride, la dea Era aveva messo un simulacro: la guerra, dunque, si sarebbe combattuta per un fantasma. “Elena, pertanto, è solo un pretesto, una fake news, uno strumento di propaganda guerrafondaia, ma è anche vittima della sua stessa bellezza, l’icona, cioè, di una visione fallocratica che l’ha condannata ad un’esistenza di pregiudizi”.


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