La rivoluzione di Agostino, farsi carico del dolore e della fragilità degli altri

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“Ho cercato di restituire il senso di un’opera politicamente rivoluzionaria”. Spiega così Armando Bisogno, docente di Storia della filosofia medievale all’Università di Salerno, il senso delle Confessiones di Sant’Agostino, illustrato nel volume “Il racconto fragile. Le Confessiones di Agostino’’, presentato questo pomeriggio alla Biblioteca provinciale nel corso di un confronto promosso in collaborazione con la Società Filosofica Italiana (SFI),  “Questo libro nasce dal dialogo con gli studenti. Agostino, diventato vescovo e quindi guida della comunità, confessa i suoi errori e ci ricorda che non c’è nessuno che non abbia queste fragilità”. Spiega come “Per lui fare filosofia significa studiare il mondo e individuarne le regole che ne determinano il funzionamento. L’esistenza di queste regole è la vera prova dell’esistenza di Dio, poichè qualcuno deve pur averle stabilite. Tuttavia, se tutto risponde a delle regole allora dobbiamo riconoscere che l’uomo non è libero. Oppure se l’uomo è libero, bisogna riconoscere che c’è un pezzo di mondo su cui Dio non ha controllo, certamente incompatibile con un Dio onnisciente” E’ lui stesso consapevole di come “nessuno sia chi sia Dio, la fede è dubbio, una scatola che ciascuno riempie a modo proprio”. Sottolinea come l’unica libertà che chiede Agostino a Dio è quella di “metterlo nella condizione di non sbagliare”. Spiega come “la sua condanna nei confronti di ogni forma di spettacolo è legata alla consapevolezza che è inaccettabile vedere persone che soffrono e non intervenire, è qualcosa di disumano, è lo stesso meccanismo che ci consente di osservare ogni giorno al telegiornare un servizio di un minuto dedicato a Gaza e poi ai pacchi, senza stabilire una vera empatia, senza farci carico del dolore degli altri”

Non ha dubbi Agostino “La conclusione a cui giunge è che non siamo autosufficienti. L’assunzione della propria fragilità e di quella degli altri è l’unico modo in cui posso intrattenere una relazione non tossica con gli altri”. Per ribadire che “Se ciascuno può costruirsi un suo racconto del senso del mondo, nessuno potrà dire se ha ragione oppure no e dunque potrà imbracciare un’arma per imporre la sua visione”

Tanti gli spunti di riflessione offerti dal confronto a cui hanno preso parte i docenti Leonardo Festa ed Edmondo Lisena e il preside Giovanni Sasso della Società Filosofica Italiana

 


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