“La memoria è il miglior antivirus contro mafie e indifferenza”: all’Itis lezione con don Palmese – IL CIRIACO

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Nel ventottesimo anniversario dalla Strage di Capaci, l’Itis “Guido Dorso” sfida il Covid 19 e organizza una partecipata lezione a distanza con don Tonino Palmese. Oltre 150 i partecipanti, tra studenti e docenti, per una Giornata della Legalità particolare, a causa dell’emergenza sanitaria, ma ben organizzata dalla professoressa Teresa Caouto, referente legalità della scuola, dalla dirigente, la professoressa Gabriella Pellegrini, dal professore Marco Cillo, da sempre impegnato nella lotta alle mafie e dal collega Alberico Mitrione animatore digitale della scuola.

Don Palmese ha voluto ricordare una per una le vittime dell’attentato stragista del 23 maggio 1992, il giudice Giovanni Falcone, il magistrato Francesca Morvillo, e gli agenti della sua scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. “Nessuna pandemia può determinare la dimenticanza di queste persone- ha detto- anche se un virus c’è stato negli anni ed è quello dell’indifferenza che ha spesso legittimato non solo il disimpegno, ma anche la tolleranza per il crimine in quanto tale. Quello che è accaduto non è un episodio del ’92  e basta, della cosiddetta fase stragista, ma è il risultato di quanto accadeva ogni giorno, e ancora è così, quando società, politica, malaffare, finanza si coalizzano determinando, ciascuno con la sua fetta di responsabilità, queste situazioni. Se oggi non ci sono i morti ammazzati a terra come all’epoca, ciò non vuol dire che le mafie non stiano agendo anche in questo momento drammatico. La mafia ha la sua missione, togliere dignità alle persone e ossigeno alla democrazia del Paese. Lo fanno con un condimento speciale, che è la subcultura per l’attrazione dell’effimero, dell’apparire  e non dell’essere: le mafie hanno trovato un elemento di seduzione nella società”.

Tornando al ’92, alla strage di Capaci prima e di via D’Amelio poi, Don Palmese ricorda “tutti quel giorno pensammo che fosse iniziata la guerra tra lo Stato e l’antistato, con la delusione di sapere che pezzi di istituzioni facevano affari con la mafia. Non sempre la parola Stato in Italia è stata sinonimo di giustizia e legalità. Siamo partiti dalle stragi per arrivare ad un’ipotesi di patto e accordo tra pezzi dello Stato e le mafie. Fu un periodo epocale però perché finalmente, anche la magistratura che da anni stava pagando il prezzo del suo agire, rappresentava un mondo che stava cambiando. All’epoca si faceva il tifo della magistratura. Oggi non c’è da fare il tifo per nessuno, ma trovare il coraggio di dire da che parte stiamo. La mafia è diventata sistema economico, criminale, sociale, in grado di farsi welfare sostituendosi allo Stato. Così è cresciuta come elemento di sussidiarietà nei confronti di chi aveva bisogno, ottenendo così un consenso volto non alla libertà ma alla subalternità. La gente di terre mafiose, Campania compresa, ha sempre guardato con cattivo strabismo alla mafia: da un lato avendone paura, dall’altro però vedendola come un’alternativa ad uno Stato disprezzato”. Fare memoria delle vittime innocenti delle mafie, per don Tonino Palmese è una missione di vita. “Una delle terapie migliori per sconfiggere violenza e indifferenza è la memoria che ha la forza di recuperare la dimensione affettiva nei confronti dei nostri ragazzi. Quando vado al carcere minorile di Nisida- ha raccontato in conclusione- quelli che hanno compiuto i delitti più efferati, quando gli ricordi quello che hanno fatto, iniziano a piangere come bambini. Riprova che quando qualcuno gli ricorda quello che non sono stati e li porta con mano a comprendere che l’altro non è un oggetto a cui far del male ma un soggetto da rispettare,  loro ne prendono coscienza e chiedono che qualcuno si prenda cura di loro. Chiedono di essere curati nella loro anaffettività”.



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