“Il tornello dei dileggi” di Salvatore Massimo Fazio

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Foto di Donatello Scuto

Di Nunzio Esposito

Mi capita (alla vista) a distanza di un anno e mezzo dalla sua pubblicazione un romanzo, mentre cerco e rivedo titoli in libreria. Leggendo il nome, mi chiedo se è il filosofo del pessimismo ragionato o della corrente della quale viene definito fondatore, nichilismo cognitivo, anche se lo stesso ha respinto più volte questa etichetta. È lui, Salvatore Massimo Fazio, che in Irpinia più volte è stato ospite, ma in veste di saggista e filosofo, non con poche polemiche.

 

La prima, tanti anni fa presentò in una sala gremita le sue “Insonnie” e polemizzò con tutta la classe politica, quel fare polemista tipico dell’uomo di sinistra che rivendica i diritti per tutti, ma la sorpresa venne dopo qualche minuto, Fazio si dice bombacciano e marxsista, mai leninista e a sinistra non vota, piuttosto dall’altra parte della barricata sta più comodo (n.d.a.), nonostante non frequenti né pratichi alcuno dei contemporanei, al centro? Come se avessimo scatenato un demone… anni dopo lo annunciano col saggio “Regressione suicida, dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalmabro”.

 

È sorprendente Fazio, moderato nei toni e intellettualmente maestoso. La sua vena culturale viene dall’amore per la cucina dirà, e l’editoria si sta spingendo oltre: “Arriveremo a 100.000 titoli l’anno, chi li dovrebbe leggere? Bene per gli editori, malissimo per tutti coloro che si inventano addetti ai lavori imbrogliando gli altri”. Ed ecco il paradosso, sconfessando quanto aveva detto, alludendo alla narrativa, nel 2021 a dicembre, esce “Il tornello dei dileggi”, suo primo, e unico fino ad oggi, romanzo (100 pagine e 14,00 € ben spesi), di cui vi dicevo che mi è apparso agli occhi.

Dentro c’è tutto quanto che ho tentato di rappresentare nell’ideologia vita pre mortem di questo non più giovane autore, che in Italia è ben conosciuto anche per quella vena di cui dicevamo prima. Il romanzo mi è piaciuto molto, è allegro e sorprendente.  Coraggioso nello sperimentare i generi e gli stili. Ho cercato altre recensioni e interviste, ne sono state pubblicate a bizzeffe, sicché c’è da chiedersi come mai anche riviste di genere preferiscono sempre e soltanto i soliti nomi e i soliti temi? Forse la risposta possono darla i racconti e le chiacchierate che Paolo, protagonista del romanzo fa con se stesso, che poi si chiama Adriana, che è sua figlia, la sua donna, sua moglie o il suo fantasma… fino a giungere a un doppio finale, degno di un colpo di scena mai letto ad oggi: perché gli addetti ai lavori non si sono accorti di questo piccolo gioiello editoriale? Sicuramente Arkadia, che lo ha pubblicato, è stata coraggiosa (e lo ha candidato anche al Premio Campiello nel 2022), e le soddisfazioni le ha avute (tra l’altro lo hanno pubblicato in collana Eclypse, che è la collana storica per antonomasia dell’editore sardo, anche se a parere nostro data la molteplice territorialità, Torino, Catania, Madrid e Palermo sono i luoghi reali e anche ipnocentrici, poteva meglio essere collocato nella sorella più piccola Senzarotta, oppure nella più avanguardista Sidekar, quest’ultima coglie infatti autori coraggiosi e fuori dagli schemi).

Forse Fazio è Paolo stesso? Personaggio divertente, colto ma che non le manda a dire? Forse Giovanna è Fazio nella sua deviazione inconscia? La scrittura seppur scorrevole, merita di far ritornare indietro, in alcuni passaggi, specie nei racconti di calcio: c’è un professionista di ambito medico che ultimata una visita lascia lo studio e si perde in un ricordo alla vista di un amico: lì è il momento della meta narrativa. Ma il titolo vi chiedereste? Semplice, riporta al pensiero dell’abbattimento dei valori di cui l’autore è specialista: secondo il plurilaureato scrittore (filosofia, pedagogia e recentemente in psicologia) non esiste persona che non subisca la derisione almeno una volta nella vita e quando succede che non si presenta una derisione, subentra a massacrare la discesa degli infami, creando disagio a chi subisce perché non viene creduto. Chiudiamo valutando questa bella lettura come una metafora per affrontare la vita: o la subisci e taci o ti accontenti, con le parole dell’autore, dell’emarginazione se non stai dietro il gregge.

 


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