Il ritorno della cattiva politica

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Gianni Festa

Bari, Torino, Palermo e tanti altri Comuni italiani nel mirino dei magistrati. Oggi come ieri. Che cosa accade? I loro amministratori si sono resi molto spesso responsabili di corruzione. In ogni caso di aver violato la questione morale sporcando il rapporto tra cittadini e potere. Siamo di fronte ad una nuova forma di Tangentopoli. La scoperta dell’affaire di allora che rivoluzionò la politica, distruggendo i partiti politici, mise a nudo un sistema corruttivo della qualità della politica relativo a occulti finanziamenti, ricevuti spesso dalle grandi aziende di Stato o dal maldestro uso del finanziamento pubblico dei partiti. Mani Pulite fermò quell’ingranaggio, anche se non in modo definitivo. Questa nuova fase si è aperta con connotazioni diverse. Diversi infatti sono i soggetti attenzioni dalle Procure, molto più modesti sebbene altrettanto gravi i motivi del contendere, in alcuni casi con metodi rozzi. Come, ad esempio, nel caso di Bari, il cui presidente della Regione, Emiliano, ha rivelato di aver accompagnato il sindaco della città, De Caro, a casa di un malavitoso per chiedere protezione, o come nel caso di Palermo dove un ras delle periferie prometteva buoni di benzina in cambio di voti. O ancora come ad Avellino dove è in corso un’indagine nei confronti di amministratori per sponsorizzazione e altro. Un interrogativo a questo punto è d’obbligo: perché deve essere la magistratura e non la politica a imporre la legalità? E’ probabile anche che talvolta tutto possa riguardare un conflitto tra poteri (giustizia e politica), ma anche se così fosse, l’obiettivo della pubblica moralità ne trarrebbe vantaggio. Credo invece, che ora più che mai, sia urgente e necessario fare in modo che coloro che aspirano a svolgere un ruolo pubblico, sia che si tratti di un impiegato infedele, di un manager con grandi poteri o di un amministratore delegato dalla politica a svolgere le proprie funzioni, adottino un comportamento responsabile, avendo come obiettivo il bene comune. E’ evidente che il ricorso ad un codice etico, come è avvenuto nel passato e ancora oggi riproposto, ha il carattere della volatilità. Esso rappresenta solo un monito per chi lo dovrebbe applicare, pena provvedimenti a fatti già compiuti. Forse più che di un codice etico servirebbe tenere barra dritta su ciò che Enrico Berlinguer disse nella storica intervista a Eugenio Scalfari su Repubblica del 28 luglio 1981. Parole che ancora oggi sono di straordinario insegnamento. “La questione morale – disse allora- non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale nell’Italia di oggi fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico – concludeva Berlinguer – che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche”. Caro Enrico non ti hanno capito. Ieri come oggi.


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