Il duro atto d’accusa di Albanese: la comunità internazionale avalla i crimini di Israele

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“Una requisitoria contro il sistema di impunità da parte della comunità internazionale nei confronti dello Stato di Israele”. Spiega così Francesca Albanese, arianese doc, relatrice speciale delle Nazioni Unite nei territori palestinesi il suo volume “J’accuse”. Sarà presentato questo pomeriggio presso il Circolo Arci di Atripalda. “Il mio – prosegue – è un atto d’accusa contro le autorità palestinesi in Cisgiordania e Gaza che non rispondono alle istanze del loro popolo, contro le autorità d’Israele che portano avanti il loro piano di colonizzazione ed espansione e contro la comunità internazionale che continua a tacere ed essere ipocrita. Il rischio di fronte al quale ci troviamo è che si profili l’ipotesi di genocidio. Diverse sono le organizzazioni internazionali che hanno fatto ricorso contro Israele alla corte di giustizia internazionale. In corso è anche una battaglia legale. Ma è chiaro che i poteri forti continuano ad avallare i crimini d’Israele. Al tempo stesso punto l’indice contro il sistema di informazione, accusato di apologia di reato a favore d’Israele. Si continua a parlare del 7 ottobre, dell’attacco di Hamas a Isreale ma si dimenticano i 30.000 palestinesi uccisi in 80 giorni e i morti potrebbero arrivare a 500.000 dopo la distruzione degli ospedali, a causa dell’impossibilità di assistere i feriti”. A chi le chiede le ragioni del netto schieramento delle potenze internazionali pro Israele spiega che “E’ un problema globale dei paesi occidentali. I 500 anni di colonialismo hanno lasciato un’impronta nel dna degli occidentali. C’è un forte sentimento razzista che fa sì che alcuni morti contino più di altri, si è visto nel caso della differenza tra i rifugiati ucraini e gli altri rifugiati. Hamas ha commesso dei crimini ma tante delle notizie che vengono diffuse sono fandonie, come la decapitazione di 40 bambini che non c’è mai stata” o le violenze carnali di cui non ci sono prove. Così da un lato Hamas è accusata delle violenze più terribili mentre quelle che commette Israele sono giustificate sulla base del diritto all’autodifesa. Si difende a spada tratta quello che fa Israele sulla base di interessi economici e finanziari. E’ vero che gli ebrei sono stati vittima di un olocausto ma si nega l’evidenza, i dati relativi ai 21,000 morti palestinesi arrivano dall’Onu, come i 1000 bambini che hanno dovuto subire amputazioni, anche perchè Israele da due mesi non fa entrare beni essenziali”. Spiega come “la mobilitazione popolare c’è ma non basta, molto spesso viene anche messa sotto accusa. Chi scende in piazza viene accusato di essere antisemita o di sostenere il terrorismo, assimilando Hamas all’Isis e dimenticando che c’è differenza tra la discriminazione nei confronti degli ebrei in quanto ebrei e le critiche nei confronti del loro governo. Il paradosso è che così facendo Israele, dopo aver ucciso 5 generazioni di famiglie, dopo 16 anni di assedio, finisce solo con il rafforzare Hamas. Chi si oppone all’opinione dominante viene contestato da giornalisti che non hanno idea neppure di quella che era la realtà dei territori prima del 7 ottobre. Quello che chiediamo è che i crimini commessi sia da Hamas che da Israele siano giudicati in egual modo”. Spiega come “parlare oggi di conflitto non è corretto, c’è un’occupazione militare che va avanti da 56 anni, che è servita per appropriarsi dei territori di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme orientale cacciando i palestinesi. Lì dove sono rimasti vivono in una condizione di sottomissione, giudicati da corti militari. Ecco perchè riteniamo che quanto accaduto il 7 ottobre abbia fornito l’opportunità per cambiare registro, c’è bisogno di un cessate il fuoco immediato e di sospendere il piano israeliano di espansione e di svuotare Gaza. Al tempo stesso chiediamo il dispiegamento di una missione di pace di interposizione tra palestinesi e israeliani e che Israele ritiri le sue truppe dai territori palestinesi o che almeno vengano garantiti ai cittadini palestinesi i loro diritti”

Ricorda come “sono tanti gli israeliani che si oppongono all’eccidio ma la loro voce viene occultata. Mentre in italia la sinistra che ha sempre difeso storicamente i diritti dello stato di Israele  e dei palestinesi ha smesso di combattere, tradendo le attese di tanti. Faccio fatica a parlare del mio libro, nessun programma televisivo ha voluto ospitarmi”

Da 19 anni sono relatrice dell’Onu nei territori plalestinesi, ho vissuto in Palestina tre anni,  ma mi occupo della questione arabo-israeliana dal 2010, prima come funzionario della Nazioni Unite, poi come accademica. Non mi viene consentito di recarmi in Palestina ma sono riuscita attraverso gli spazi virtuali a confrontarmi con organizzazioni israeliani e palestinsi, ho curato un rapporto sul sistema detentivo che ha visto finire in carcere un milione di palestinesi e sull’infanzia. L’umiliazione costante, la condizione di apartheid in cui vivono i palestinesi si taglia con mano”

 


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