Editoriale – “D’Agostino, le colpe sono tutte tue”

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Chi è senza peccato, scagli la prima pietra si dice. E allora diciamocela tutta. Senza peli sulla lingua a costo di essere anche impopolari. Ne abbiamo le tasche piene del perbenismo di D’Agostino. Ne abbiamo le tasche piene di un monopolio della informazione sportiva ad Avellino. E ne abbiamo le tasche piene del fatto che a D’Agostino nessuno può dire nulla perché tutto gli è dovuto perché ha salvato il calcio ad Avellino. E basta perché i bonus sono finiti. Come finirono per Pugliese prima, Taccone poi e De Cesare. Il calcio ad Avellino è vita. Il calcio ad Avellino è tutto. Si vive di calcio, si soffre per il calcio. C’è gente che non parla d’altro. E allora diciamole le cose. Il pareggio di oggi è figlio della improvvisazione di questa società. Che è arrivata alla partita chiave indebolita rispetto alla squadra che ha finito tra alti e bassi il 2021. Che le colpe sul campo siano di Braglia, poi, è superfluo pure rimarcarlo. Che Braglia sia ormai un ex allenatore lo sanno anche le pietre sepolte dalla neve. Che la società continui a tenerlo in vita è un mistero. Era stato già esonerato in diretta tv una volta. Poi i D’Agostino decisero di spargersi il capo di ceneri e di fronte alle richieste economiche di Vivarini (già bloccato) fecero il dietro front.

E se vogliamo dirla tutta questo girone C della Serie C è il campionato più scarso degli ultimi secoli. Poca qualità, squadraccia costruite male e che giocano peggio. Il Bari, che miracoli non ne sta facendo (vedi oggi), rischia di vincerlo senza nemmeno lottare. E allora il discorso è chiaro. Ma D’Agostino cosa vuole fare? Possibile che il Catanzaro riesce a muoversi sul mercato e noi no? La risposta la diamo noi. Il Catanzaro si muove perché ha deciso di mettere pecunia sul tavolo e rischiare. Ma rischiare cosa? Di vincerlo. Ma almeno ha lanciato un segnale alla piazza. Chiaro, pulito, trasparente, sincero. A voler dire: noi ci proviamo. E l’Avellino? Nulla. Non pervenuto. Nisba. Nada de nada. E allora Braglia è solo il capo espiatorio di una società inconcludente. Che cerca di scaricare magari giocando al nascondino responsabilità proprie sui demeriti e limiti altrui (Braglia ndr). E allora che si fa? Niente. Per ora si ha la sensazione che chi ha il coraggio di ledere la suscettibilità di sua Maestà D’Agostino è tagliato fuori da qualsiasi gioco. Ma il calcio è un gioco. A vincere possibilmente se si vuole vincere. Se si vuole vincere. Si. Ed è questo il problema e il dubbio. D’Agostino vuole davvero vincere?



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