…E il carrozzone va avanti da sé…

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Non è per nostalgia del passato se, prendendo spunto dalla manifestazione che si è svolta in settimana per ricordare l’on. Gerardo Bianco, volgo lo sguardo ai decenni trascorsi e rifletto sulla politica dell’oggi e il degrado che essa ha raggiunto in questo tempo avido di esempi positivi. Tra il prima e il dopo c’è un abisso. Nei metodi e nei risultati. Per non essere nostalgico, ma preoccupato per il futuro di questa provincia del Mezzogiorno, chiarisco subito che l’analisi non si sofferma solo alla Dc e al potere da essa esercitato, ma spazia anche negli altri partiti che con la Dc sono stati competitivi nel produrre proposte di sviluppo, dal Pci di Michele D’Ambrosio e Alberta De Simone e Federico Biondi, al Psi di Lello De Chiara e Giovanni Acocella, ai liberali di Achille Benigni e alla destra di Pasquale Acone. Visti oggi nel loro agire, sia maggioranza che opposizione si possono considerare dei giganti rispetto al balbettio dei pigmei presenti oggi sulla scena. Alcuni esempi non guastano. Fiorentino Sullo volle l’Alto Calore per valorizzare e rendere produttive le sorgenti irpine in una provincia che di acqua abbondava in quantità straordinaria. Poi lo scippo dalla Puglia. Oggi il pre-fallimento dell’ente accusa chi lo ha gestito in modo irresponsabile, trasformandolo in un carrozzone. Maggioranza e opposizione in Irpinia furono i primi a sollevare l’isolamento delle zone interne e il conseguente rischio dello spopolamento. Con visioni diverse, ma convergenti sulle soluzioni, Nicola Mancino, primo presidente della giunta regionale della Campania, in un convegno ad Ariano, negli anni sessanta, teorizzò il riequilibrio tra fascia costiera e zone interne, opponendosi al suo collega di partito Antonio Gava, che spingeva per il tutto nell’area metropolitana. Oggi, dopo inauditi e vergognosi silenzi da parte dei consiglieri regionali irpini, si sbandiera l’annuncio di un masterplan per le zone interne, allo stato vuoto di contenuti. Il governatore della Regione Campania decide, i servitori s’inchinano e applaudono. Andiamo avanti. Alcuni anni dopo, il Pci di Michele D’Ambrosio, sempre critico nei confronti dei suoi avversari, si univa all’entusiasmo dei cattolici progressisti che con De Mita convinceva Agnelli a insediare in Valle Ufita l’Iveco, l’industria di autobus, oggi Iia, facendo diventare quello che era il granaio dei borboni un punto di sviluppo della Valle dell’ Ufita. Oggi c’è crisi e non si sa bene quando Alta velocità Napoli-Bari saranno occasione di sviluppo dell’intera zona. Dura, ma di grande consapevolezza, fu la battaglia di D’Ambrosio per fare chiarezza sui fondi del terremoto del 23 novembre 1980. Nella speciale commissione parlamentare, presieduta da Oscar Luigi Scalfaro, si discusse del “libro dei sogni” della ricostruzione, che aveva portato tra i terremotati industrie del nord decotte, macchinari obsoleti, arricchimento di tecnici rampanti. Cominciò da allora il degrado della politica con la condanna di una classe dirigente che prima di allora si era schierata per il progresso dell’Irpinia, ma fu incantata dal piffero del dio danaro. Fu quello spartiacque che segnò la fine di un tempo della politica nobile, pur tra tanti difetti, e dette spazio a persone, sia di maggioranza che di opposizione, incapaci di difendere il proprio territorio. E’ da costoro, che definire classe dirigente è solo un insulto, che sono nati i pigmei predatori, alla guida di enti inutili che sprecano risorse, assumendo e licenziando uomini e donne presi per i fondelli, sprecando risorse in investimenti clientelari che ubriacano il popolo. Come nella città capoluogo, in cui si è perduta anche la decenza, imponendo un altro carrozzone per i rifiuti più che migliorare l’esistente, o come in alcuni enti di servizio pubblico, la sanità, che ingrassa il privato e mortifica il pubblico, con la complicità di chi dal pubblico ricava lauti compensi. Così anche parlare di speranza diventa un eufemismo. Come di etica e di morale. E il carrozzone va avanti da sé…

Gianni Festa


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