Dall’idea di un’arte polivalente all’attenzione alle radici, l’eredità di Pasolini ad Avellino letteraria

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“E’ nella sua idea di un’arte polivalente e nel costante interrogarsi sulla civiltà italiana l’eredità più grande di Pierpaolo Pasolini”. Lo sottolinea il professore Alberto Granese nella sua lectio magistralis, inserita nell’ambito della rassegna “Avellino letteraria” nel centenario della nascita dello scrittore friualno. Punto di partenza del confronto il numero monografico della rivista “Sinestesie”. Una disperata vitalità. Pierpaolo Pasolini a cent’anni dalla nascita 1922-2022 imprezisoto da un saggio introduttivo a cura dello stesso Granese e di Montella. “Non possiamo dimenticare – prosegue Granese – che Pasolini è stato soprattutto un poeta. La sua è una poesia complessiva, non facile da comprendere, strettamente collegata alla tradizione dantesa e insieme al contesto sociale che viveva, dominato dall’industrializzazione, da consumismo e omologazione. Un modo nuovo che rischiava di distruggere il passato. Questa costante attenzione al passato non deve essere vista come un elemento regressivo ma come un legame con le radici. A testimoniarlo l’uso costante del dialetto, dal romanesco al friulano, espressione di questo passato”. Granese si sofferma sulla sua scelta di dedicarsi anche al cinema “E’ un cinema che guarda al mito greco, da Edipo a Meda, alla civiltà mediterranea, intrisa di cultura antropologica. Il mito si ricollega così a Freud e Jubg e all’archetipo. Centrale nel suo universo  è anche il sacro, il cinema con la sua rappresentazione diretta del reale appare il linguaggio privilegiato per accedere a questa sacralità. Basti pensare a un’opera come il Vangelo secondo Matteo, in cui ritroviamo con forza il messaggio cristiano secondo cui gli ultimi saranno salvati. Dal sacro alla musica, con le note di Bach che ritornano non solo nel vangelo ma anche nella sacena della violenza di Accattone, la musica diventa così espressione della sua disperata vitalità. Anche in un’opera come Petrolio ritornano i molteplici temi della sua produzione, dai richiami alle bolge dantesche a un protagonista che perde la sua solidità per essere scisso. E se nel Decameron emerge il legame forte con la cultura partenopea negli Scritti corsari continua a riflettere sulla idea di civiltà di cui il nostro paese è espressione. Fino al progetto di San Paolo, mai portato a termine, che sembra incarnare il dualismo presente nella chiesa, che è simbolo di fede ma anche di potere” C’è sempre in lui la consapevolezza che la bellezza non può essere scissa dalla cultura”

A introdurre l’incontro, Annamaria Picillo, coadiuvata dalla giornalista Daniela Apuzza. E’ il direttore Gianni Festa a sottolineare la ricchezza della tradizione letteraria irpina, da De Sanctis a Muscetta sottolineando come questo patrimonio rischi di essere dimenticato mentre diventa indispensabile per guardare al futuro. Ad alternarsi gli interventi,  Edgardo Pesiri, presidente onorario dell’associazione di promozione sociale Carlo Gesualdo, Milena Montanile, comitato scientifico, associazione Carlo Gesualdo, Rosa Giulio, coordinatrice e responsabile della sezione Italianistica, Unisa e Carlo Santoli, Unisa e direttore di “Sinestesie”, dei giornalisti Stefania Marotti e Fiore Carullo. Ad impreziosire l’incontro l’esposizione “L’arte ritrovata”, Museum & Events.


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