Da Zaccheroni a Pazienza: la svolta dei moduli mai provati

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«Il 4-3-3 non lo avevamo mai neppure provato quando lo abbiamo utilizzato per la prima volta, nel secondo tempo a Potenza». Michele Pazienza ha raccontato con onestà intellettuale come è nata la svolta tattica che ha permesso all’Avellino di trovare verve ed efficacia offensiva. Dal successo sfiorato al “Viviani” contro il Potenza a quello centrato al “Partenio-Lombardi” contro la Casertana: improvvisare ha pagato.

Il calcio non è una scienza esatta

Quattro gol, il tabù della vittoria casalinga che mancava ormai quattro mesi sfatato, nuove consapevolezze e un insegnamento: il calcio non sarà mai una scienza esatta, accettare la sua imprevedibilità è necessario tanto quanto pretendere il massimo dalla squadra. Il risultato farà sempre la differenza, segnando il sottile confine tra bene e male, forte e scarso. Sulle valutazioni non incideranno mai davvero fino in fondo le sconfitte demeritate e i successi immeritati perché chi vince ha sempre ragione. L’unica cosa che si può tenere sotto controllo è l’equilibrio: chi riesce a mantenerlo riduce la probabilità di cadere nel paradosso di danneggiare ciò per cui vorrebbe il meglio. Più facile a dirsi che a farsi, certo, ma non si scappa.

Zaccheroni, l’espulsione di Geneaux il 3-4-3 nato per caso

Corsi e ricorsi. L’Udinese è tornata ancora una volta nel destino di Pazienza. Il 13 aprile 1997 i bianconeri, allenati da Alberto Zaccheroni, affrontarono a Torino la Juventus di Marcello Lippi, al comando della classifica. Dopo appena quattro minuti Genaux venne espulso per avere protestato troppo energicamente nei confronti dell’arbitro Bettin, ma Zaccheroni, che era partito con il 4-4-2, scelse di non toccare la difesa: passò al 3-4-2.

I friulani presero in mano le redini dell’incontro pur in inferiorità numerica: Amoroso su rigore, Bierhoff e ancora Amoroso firmarono un clamoroso blitz. Iniziò così il nuovo corso dell’Udinese di Zaccheroni che modificò il 4-4-2 che la sua squadra aveva sempre interpretato dal 1995 e trasformandolo in un permanente 3-4-3. I bianconeri cambiarono marcia, dal dodicesimo posto conclusero in quinta posizione e per la prima volta nella loro storia conquistano un pass per accedere alla Coppa UEFA. Un parallelo? Si vedrà.

Sono solo numeri? Pazienza e un Avellino double face

Se il 4-3-3 è la chiave per aprire le porte blindate delle difese avversarie, soprattutto tra le mura amiche, sarà il tempo a dirlo, ma la sensazione è che con un difensore in meno, almeno in partenza, l’Avellino copra meglio il campo dal centrocampo in su. Il 3-5-2 può, in fondo, tornare utile a gara in corso come accaduto contro la Casertana, domata con un secondo tempo formato ordinaria amministrazione.

Certo, c’è da lavorare sulle coperture degli spazi e suoi sincronismi ma come per quell’Udinese chissà che dalle cause di forza maggiore, così come la necessità di osare per recuperare lo svantaggio all’intervallo a Potenza, sia venuto fuori il coniglio dal cilindro. Pazienza aveva spiegato che giocatori come De Cristofaro, Rocca e D’Ausilio, grazie alle loro caratteristiche, lo avrebbero aiutato a cambiare pelle tattica al suo lupo. A undici giornate dalla fine può essere non troppo tardi per recuperare 7 punti alla capolista Juve Stabia. Ma un passo alla volta. Perché il calcio è sempre così, come la vita: dalla crisi più profonda può nascere la svolta più inattesa.



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