Un famoso detto popolare, originario da fonte ignota (c’è chi dice da Benjamin Franklin, chi da Sannt’Ignazio da Loyola) recita: “Aiutati che Dio ti aiuta“. Esattamente quello che, in questo momento di difficoltà, l’Avellino non sta facendo.
Perché le attenuanti, come detto da mister Piero Braglia a fine gara, ci sono eccome, viste le tantissime assenze e la condizione fisica precaria di chi, in fretta e furia, deve rientrare in campo. E’ anche vero però che fin qui i biancoverdi, anche nelle prestazioni migliori, non hanno entusiasmato né per il gioco espresso né per l’intensità messa in campo. Il tutto accentuato nella brutta gara di ieri contro il Catania (QUI IL RACCONTO).
Lacune che, dunque, nei momenti difficili e con tanti titolari assenti, sono ancora più evidenti. Sopperire alle mancanze in rosa con un disegno tattico più definito, specie in fase offensiva.
Poi ci sarebbe da discutere su alcune lacune in rosa: considerate tutte le difficoltà di aver realizzato una rosa da zero, con tanti doppioni (seppur non tutti di pari valore), ci sono due zone di campo dove ci sono mancanze vere: il regista arretrato, ruolo che De Francesco ricopre con diligenza ma senza picchi da mani nei capelli, e quello del fantasista avanzato. Perché gli attaccanti biancoverdi sono di livello, ma spesso mancano il dribbling nello stretto e poi l’ultimo passaggio per essere messi in porta: tutte qualità che avrebbe Errico, ma che in pratica da inizio stagione non è mai stato disponibile.
Troppi voli pindarici a inizio stagione sulle potenzialità dell’Avellino? Forse, ma questa squadra può e deve fare di più, perché è nelle proprie corde. Presto o tardi tornerà a farlo: l’importante è sopperire, in questo momento, alle assenze con organizzazione e agonismo differenti rispetto a quelli visti nelle ultime uscite.
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