«Avellino, si vince così. Il gol promozione? Punto su…»

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La sfida tra Messina e Avellino, che caratterizzerà il prossimo turno di campionato, è anche un interessante intreccio di calciatori che hanno vestito entrambe le maglie. Tra questi c’è Salvatore Marra, protagonista sia in giallorosso che in biancoverde non solo da giocatore, ma anche in panchina.

Il tecnico ha concesso un’intervista a SportAvellino, soffermandosi su diversi temi. Oltre alla gara di domenica, tra i punti toccati anche il lavoro di Pazienza, un aneddoto sul suo arrivo in biancoverde nel 2002 e il ricordo del compianto Mimmo Cecere.

Avellino, l’intervista a Salvatore Marra

Con l’avvento di Pazienza, l’Avellino ha finalmente svoltato. Cosa ha portato il nuovo allenatore?

«Ci tengo a fare una premessa: sono dispiaciuto per Rastelli. Quando però un allenatore non avverte fiducia, magari inconsciamente la squadra assorbe la pressione. Pazienza ha dato un tocco di vitalità all’ambiente. Sono stati bravi anche i calciatori a reagire ai fischi. La svolta è arrivata a Potenza, dove hanno saputo soffrire prima di piazzare il risultato vincente».

In momenti simili, la vittoria è sempre la miglior medicina.

«Era quello che serviva a questa squadra. Lo dimostra anche la gara con il Monopoli, dove l’Avellino ha fatto vedere tute le proprie qualità dopo averla sbloccata. La fiducia è un aspetto fondamentale».

Da subentrante, dunque, Pazienza ha dovuto lavorare soprattutto sulla testa dei suoi uomini?

«Di sicuro è stato bravissimo nel far capire ai giocatori le loro qualità – anche se in quel momento non riuscivano a dare il massimo – e nel fargli credere che bastasse una scintilla per tirarle fuori. Penso che la squadra fosse bloccata mentalmente e credo che ora, sulle ali dell’entusiasmo, potrà fare sempre meglio».

C’è poi il lato strettamente tecnico. La difesa ora è un bunker.

«La solidità è fondamentale. Vince il campionato chi ha la miglior difesa, non chi ha il capocannoniere. Pazienza è stato bravo a cambiare assetto, liberando così Tito e dando maggiori garanzie ai difensori. Più passa il tempo e più nei calciatori subentra l’idea di non dover subire gol. È con questa mentalità che si vince».

«A Messina un bel banco di prova»

Ora arriva la trasferta di Messina. Che match sarà?

«Sarà un bel banco di prova. Il Messina è una squadra votata all’attacco, come tutte quelle di Modica. Per com’è strutturato l’Avellino, potrebbe essere importante soprattutto qualche ripartenza. A campo aperto i biancoverdi hanno giocatori in grado di far male al Messina».

Se dovesse indicare un possibile protagonista?

«Credo che Marconi, giocatore che in questo momento sta soffrendo, potrebbe dare una grande mano all’Avellino con la sua forza fisica. Se si sbloccasse, inoltre, diventerebbe un’arma in più piuttosto importante per i lupi».

Messina-Avellino è la sua partita. Nel 2002 passò in biancoverde proprio dai peloritani. Ci sono aneddoti su quel trasferimento?

«Fui “vittima” di un errore. Avevo disputato 30 partite in B con il Messina, ma dopo il cambio societario non mi fu convalidato il contratto, perché era in lire e non in euro. A quel punto Pavarese, membro della nuova società, spinse tanto per farmi andare ad Avellino».

Dove visse da protagonista una stagione trionfale.

«Al mio arrivo c’era un clima di contestazione. Crescemmo poi di domenica in domenica, fino ad arrivare ai 18mila tifosi con il Lanciano, in un turno infrasettimanale. Ricordo la partita di Pescara: credo non ci sia mai stato un simile esodo di tifosi biancoverdi in trasferta, al di là di Crotone o Bologna. Lì capii la forza di questa piazza».

Il ricordo di Cecere e la profezia sul gol promozione

Il calore della tifoseria accomuna Avellino e Messina: sono piazze simili?

«Assolutamente sì. Meriterebbero entrambe di stare in pianta stabile in Serie B, purtroppo negli ultimi anni hanno sofferto molto. Ho avuto la fortuna di viverle entrambe: Messina – dove ho vinto tre campionati – mi ha plasmato come calciatore e ad Avellino ho messo a frutto quell’esperienza in una squadra all’epoca molto giovane».

Di quella squadra faceva parte anche il compianto Mimmo Cecere, simbolo giallorosso oltre che biancoverde. Qual è il suo ricordo?

«Ricordo i nostri ultimi tempi a Messina, quando allenavo lì ero sempre con lui. Quando una persona va via diventa facile parlarne bene, ma Mimmo lo merita davvero. Mi dispiace che il mondo del calcio lo avesse accantonato, nonostante il suo desiderio di farne parte».

Quella stagione si concluse con il suo gol-promozione a Crotone. Chi può essere il Sasà Marra del 2024?

«Ho capito l’importanza di quel gol con il passare degli anni, è il sale del calcio. Spero possa essere Patierno, un giocatore che ha fatto la gavetta e ha sofferto tanto. Merita di essere il giocatore determinante per far vincere l’Avellino».



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