“La nostra è un’attività sovversiva in cui il cantiere diventa esperienza di comunità, in cui i progetti sono intessuti di relazioni con il territorio”. Racconta così Enzo Tenore, architetto capace di promuovere uno sguardo diverso sulle aree interne e direttore del Museo di Aquilonia, il senso dell’impegno che porta avanti insieme al regista Michele Citoni. Sono loro gli ospiti del salotto di Conversazioni in Biblioteca, la rassegna curata dagli scrittori Franco Festa e Emilia Cirillo. A prendere forma, come sottolinea Cirillo, un’Irpinia altra “che non è quella del caciocavallo o della montemaranese ma che parte anche da quegli spazi arrugginiti. La loro è una scelta etica che purtroppo non caratterizza tutta l’Irpinia”. E ricorda il sogni coltivato dal sociologo Mario Salzarulo, la sua ricerca di un racconto dai territori.
Michele Citoni spiega di essere stato attratto proprio “dal rapporto irrisolto, dall’irrequietezza che caratterizza la terra irpina, dalle relazioni fruttuose stabilite con la comunità, fatta di ritornanti o di nuovi arrivi”. Spiega come le comunità “devono raccontarsi per quello che sono, in un continuo rapporto con la realtà esterna. L’Italia interna può diventare oggi uno spazio di sperimentazione. Così l’Irpinia mi è sembrata lo spazio di una possibile progettualità in una società che appare schiacciata da meccanismi economici, qui sembra che la politica abbia un senso. Tutto è cominciato con il mio film sul terremoto dell’80, a cui è seguito il documentario sull’Avellino Rocchetta e quello dedicato all’arrivo dell’antropologo Frank Cancian a Lacedonia in un momento in cui ci si interrogava sulle aree interne. Un soggiorno da cui è nato un bellissimo reportage fotografico capace di documentare la vita quotidiana del paese”. Franco Festa parla di uno sguardo differente a quello a cui siamo abituati, “in cui ci si autoriflette”, parla dell’impegno di chi prova a modificare la realtà, dei fondi pubblici utilizzati in maniera intelligente.
Tenore spiega di “non essersene mai andato da qui, sono stato assessore comunale, pur vivendo a Napoli e rompendo le scatole all’amministrazione comunale di allora. Quando sono tornato ad Aquilonia ho compreso che poteva essere un luogo utile a sperimentare nuove strade, sono nati così interessanti progetti di design rurale con i quali ho vinto prestigiosi premi di architettura. Dal centro di comunità trasformato in un grande spazio collettivo alla collaborazione con imprenditori locali come Luigi De Cecca, sempre nel segno del design rurale, con l’idea di un’Accademia del gusto che potesse raccontare il caciocavallo fino al progetto di ritrutturazione del Museo. La sfida è stata quella di portare la qualità architettonica e il design nelle aree interne. Oggi la casa della cultura accoglie uno studio di registrazione usato dal Conservatorio di Avellino e da ensemble internazionali. Al tempo stesso ho sempre cercato di riattivare la coscienza civile in battaglie a sostegno del territorio. L’idea da cui siamo partiti è stato quello di essere utili alla comunità”. Lo testimonia la battaglia contro l’abbattimento delle case risalenti agli anni ’30, per le quali la passata amministrazione comunale aveva decretato l’abbattimento “Oggi resta un patrimonio di sei unità che è stato salvato, per la cattiva gestione dell’amministrazione. Quelle case rappresentano il centro storico della nuova Aquilonia. L’errore che non vogliamo fare è guardare i territori con gli occhi degli altri. Lo testimonia un progetto come quello di Mary Baldassarre per il recupero di questi spazi a partire dalla stoffa, ignorato dalla vecchia amministrazione”. Spiega che ” se coinvogliamo la comunità, il fabbro o il falegname del luogo, anche la comunità sentirà quel progetto come proprio”. E sottolinea come “la priorità è fondare ogni racconto sulla verità a partire dai nostri veri padri, i contadini e la ricerca di sguardi sempre nuovi sul territorio”
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