Regionali, D’Ercole: centrodestra da rifare, ma FdI non è andata male. Salvini? Non ha mai fatto nome alternativo – IL CIRIACO

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Non c’è alcun dubbio: per il centrodestra questo è l’anno zero e il risultato delle regionali “condanna” la coalizione a ricominciare daccapo. Ne è convinto anche Giovanni D’Ercole, capolista di Fratelli d’Italia che, nonostante il buon risultato personale e del partito, non riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno. D’Ercole ha incontrato militanti e simpatizzanti per una prima analisi del voto, dalla quale sono comunque venuti fuori degli elementi chiari. «Non posso non partire – ha detto – sottolineando la difficoltà di una campagna elettorale “drogata” da una quantità enorme di liste, nella quale però alcuni risultati ci sono stati. Prendiamo la città dove Fratelli d’Italia è il primo partito ed io ho ottenuto un numero di consensi che è stato l’ottavo più alto della città, primo nel centrodestra. Ma anche in provincia, Aquilonia, Bisaccia e Chianche dove il partito, essendo strutturato con una presenza di sezioni e consiglieri comunali riesce a reggere l’urto. E su questa strada bisogna andare avanti, la strutturazione, la presenza di nostri candidati nei consigli comunali che siano però effettivamente di Fratelli d’Italia. In questa provincia abbiamo combattuto contro tutte le istituzioni, schierate dall’altra parte». E in effetti non c’è da dargli torto. «Da quelle regionali, Asl con i concorsi che venivano banditi e l’Alto Calore direttamente interessato per arrivare al sindaco di Avellino e al Presidente della Provincia. Per noi è stata una lotta impari contro un candidato presidente, peraltro già dato per vincente e questo non ha certo giovato all’impegno del nostro gruppo militante». Si doveva fare di più e questo, pur senza polemica, D’Ercole lo dice anche al commissario del partito, il senatore Iannone. «Non c’è alcuna polemica nelle mie parole, ma se ci fosse stato un commissario provinciale di Avellino avrebbe avuto più tempo per dedicarsi alla strutturazione del partito. Iannone ha vari impegni e non quindi non ha potuto attivarsi per attrezzare il partito e questo lo abbiamo pagato in campagna elettorale dove abbiamo potuto verificare che in alcune aree eravamo del tutto sprovvisti di riferimenti. Io sono partito a Ferragosto e mi pare che in un mese sono riuscito ad ottenere un risultato accettabile. Non possiamo paragonarci a Petitto e Alaia perché non abbiamo macchine da guerra elettorali a disposizione, ma se paragoniamo il risultato degli eletti del nostro partito in circoscrizioni più popolose vediamo che tutto sommato il nostro risultato è in linea con le possibilità». E’ arrivato quindi il momento di voltare pagina. «E’ vero – dice D’Ercole – siamo all’anno zero, le tre forze insieme non riescono a raggiungere il quindici per cento che era la cifra elettorale che negli anni Novanta era della sola An, ci fa capire che siamo davvero all’anno zero. Come ripartire? Serve la struttura, visto che non abbiamo la leva del potere, ma nemmeno la vogliamo. Da sempre portiamo avanti una battaglia di trasparenza e di legalità che però dobbiamo esercitare nei contesti. Purtroppo al comune di Avellino la scorretta applicazione della legge elettorale ci ha privati di un consigliere e se l’avessimo avuto forse il risultato sarebbe stato differente e poi sono necessari i circoli sul territorio». Non guasterebbe anche un chiarimento con gli alleati, in primis la Lega, dopo le parole di Salvini sulla candidatura di Caldoro, a suo dire insieme a quella di Fitto, non la migliore per vincere. «E quale sarebbe l’altro candidato di cui parla Salvini? Per me è un’alea, non lo so anche perché Salvini non lo ha mai tirato fuori limitandosi a bombardare Caldoro per cinque mesi senza fornire un nome alternativo. Aggiungo che se Salvini leggesse i dati con più attenzione si accorgerebbe che Caldoro ha preso 20mila voti più delle liste e non è un dato da sottovalutare. In realtà c’è stata una difficoltà di credibilità di tutto il centrodestra, siamo tre partiti commissariati e tutti da persone non avellinesi, o a una oggettiva differenza di forze in campo: tre e mezzo per Caldoro e almeno tredici liste “vere” per De Luca che aveva un candidato in ogni comune. Emblematico il caso di Montoro dove un consigliere della maggioranza del sindaco di centrodestra si è candidato con Italia Viva drenando voti anche a chi avrebbe dovuto votare per noi ma poi ha scelto il paesano».



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