Ho visto Maradona – IL CIRIACO

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Credo che di fronte alla morte di un uomo occorra il silenzio e la preghiera.
Maradona era ed è un genio assoluto e, di certo, non merita le disamine sociologiche e i giudizi sprezzanti che pure si ascoltano, sui social come sui giornali.

Nell’era della comunicazione, vivere di giudizi, affacciandosi di continuo nel giardino altrui, alla ricerca ossessiva del titolo sui giornali, testimonia lo squallore del tempo presente.

La grandezza di Maradona calciatore non prescinde mai dalla grandezza dell’uomo Maradona. I distinguo tra l’uomo ed il calciatore rappresentano null’altro che l’ignoranza di chi sceglie di non capire.
Maradona è stato il genio assoluto del calcio, l’uomo che ha saputo contribuire in maniera straordinaria al riscatto di un popolo meraviglioso, ma troppo spesso denigrato, depredato ed emarginato, in ambito calcistico e non solo.

Ai palazzi del potere piaceva l’immagine della Napoli da cartolina, una Napoli magnifica nelle sue bellezze naturali, ma perdente.

Maradona trascinò il Napoli al successo e questa è un’onta che ad ogni piè sospinto ha dovuto pagare.

E, così, dopo i due scudetti, la coppa Italia, la coppa Uefa, al Mondiale di Italia 90 vi fu il preludio di tutto ciò che poi sarebbe accaduto. L’eliminazione dell’Italia nella semifinale al San Paolo, il suo dichiarare a tutto il mondo che l’Italia si ricordava di Napoli soltanto in occasione di quella sfida, fu il prezzo per l’assegnazione di un rigore inesistente nella finale che l’Argentina perse con la Germania, in uno stadio Olimpico carico di odio verso il campione argentino. I fischi all’inno argentino resteranno una macchia indelebile nella sportività della gente. Come il tifo ossessivo ed irriverente, condito da fischi assordanti, dei 60.000 di San Siro nella partita inaugurale contro il Camerun.

L’ultimo successo resta memorabile, non tanto per il roboante risultato in Supercoppa contro la Juve, quanto per quel coro incessante degli 80.000 napoletani a fine partita con Maradona sotto la curva: ”Argentina, Argentina!”.
Le immagini fecero il giro del mondo. Di lì a pochi mesi Maradona fu costretto a lasciare l’Italia, perseguitato dalle autorità come mai accaduto nei confronti di nessuno. Mai, a memoria d’uomo, stesso trattamento fu riservato ai peggiori criminali.

Poi vennero i Mondiali negli Stati Uniti, dove le autorità lo convinsero a partecipare, chiedendogli lo sforzo di rimettersi in forma nel giro di soli due mesi.

I biglietti per il Mondiale U.S.A. non si vendevano e gli sponsors reclamavano la presenza del Pibe de Oro.

Il controllo antidoping del post Argentina Grecia fu l’ennesima vigliaccata nei confronti del genio argentino.
Diego risultò positivo all’efedrina, una sostanza che aiutava semplicemente il dimagrimento. Ma la Federazione Internazionale (FIFA) lo tradì, perché quell’Argentina era una squadra straordinaria e poteva mettere in discussione il trionfo già scritto del Brasile del presidente Havelange. E così fu.

Maradona ha pagato prezzi altissimi, per ogni sbaglio, usato e perseguitato da chi non sopportava la sua enorme grandezza e le sue parole scomode, ma di assoluta verità.
Serve a poco dire che andava aiutato. Nessun genio, nella storia, si è mai lasciato aiutare. I geni sono capaci soltanto di prodigarsi per gli atri. Per tutti, direi, anche per chi non merita, tranne che per se stessi.

Maradona resta e resterà per sempre nella memoria di ciascuno. La sua gioia nell’accarezzare il pallone, il suo amore per gli ultimi, il riscatto di un popolo sono pagine che appartengono ai libri di storia.

E per me, come per tutti coloro che lo hanno seguito ovunque per sette anni, in Italia ed in Europa, il vuoto è incolmabile. Le trasferte della gioia e del riscatto, il film indimenticabile di un pezzo di vita. E’ proprio vero: “Chi ama non dimentica”.
*Gennaro Romei, insegnante ed avvocato



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