“Fase 2? Oggi 1000 operai irpini tornano a lavoro ma manca ancora un piano provinciale di sicurezza”: l’allarme della Fiom Cgil – IL CIRIACO

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«Oggi inizia la Fase 2, ma ancora non è stata istituita una cabina di regia che monitori la sicurezza all’interno delle fabbriche irpine. Rinnoveremo la nostra richiesta al Prefetto di Avellino affinché riunisca intorno ad un tavolo tutte le parti sociali, ad iniziare da Confindustria». La Fiom Cgil lancia l’allarme nel giorno in cui circa 1000 operai irpini, dati riferiti alle aziende all’interno delle quali vi è rappresentanza sindacale, rientreranno a lavoro e torna alla carica con Palazzo di Governo. «Nelle aziende dove il sindacato è presente, grazie al lavoro straordinario dei delegati, sono stati raggiunti accordi e adottati protocolli per la sicurezza dei lavoratori. Possiamo dire che l’attenzione è stata alta e che, per ora, ha vinto il principio per cui la salute viene prima del profitto. Ma in quelle fabbriche in cui il sindacato non è rappresentato, la preoccupazione è tanta. Ecco perchè chiediamo, anzi richiediamo, la costituzione di un tavolo provinciale presieduto dal Prefetto, alla presenza di Confindustria, sindacati, Asl, Ispettorato del Lavoro. Obiettivo adottare un protocollo da far rispettare in tutte le fabbriche, possibilità prevista anche dall’ultimo decreto del Governo. La sicurezza dei lavoratori non è una semplice applicazione burocratica, ma significa intervenire in via preventiva affinché le catene di montaggio non si trasformino in potenziali focolai. Se oggi inizia la Fase 2, è evidente che in Irpinia siamo in enorme ritardo» è l’allarme che lancia Giuseppe Morsa, segretario provinciale della Fiom Cgil.

Riapriranno oggi i battenti alcuni stabilimenti come la Cms a Nusco e Morra De Sanctis, l’Arcerol a Luogosano, Irpiniazinco seppur con misure ridotte, così come Lames al 30% a Vallata, la IIA al 60%, mentre Fca riprenderà giovedì, la Denso lavora al 30% degli addetti, altre come la Omi e la Cofren hanno già ripreso. «Sono queste le aziende in cui abbiamo sottoscritto un protocollo, sulla cui applicazione scrupolosa monitoreremo quotidianamente, e che prevede poche semplici cose come l’adozione di dispositivi individuali di protezione, distanziamento sociale, tutela dei lavoratori più fragili che hanno patologie particolari e la misurazione della temperatura all’ingresso al lavoro. C’è poi il grande tema dello screening a tappeto attraverso test rapidi o tamponi, come fatto all’Ema, su cui bisognerebbe che ad intervenire fossero le istituzioni preposte. Resta- prosegue Morsa- da affrontare ancora il tema della mobilità dei lavoratori che, ad oggi, ancora non sanno come poter raggiungere le aziende, quali sono i mezzi a disposizione e in quali orari».

Non solo sicurezza. Per il segretario della Fiom Cgil diventa dirimente ripensare il modello di sviluppo, a partire da quelle categorie più deboli che per prime rischiano di pagare il prezzo amaro della crisi. «Da oggi gli operai troveranno un modello di lavoro completamente cambiato, tutto da sperimentare e monitorare momento per momento. Ecco perché è fondamentale la coesione e la partecipazione di tutte le parti sociali: il nostro è un appello assolutamente propositivo non oppositivo. Attualmente in Irpinia, nel settore metalmeccanico, ci sono circa diecimila lavoratori in cassa integrazione. C’è poi la moratoria del Governo sui licenziamenti economici ma resta il grande vulnus di coloro che hanno il contratto in scadenza che rischiano di essere le prime vittime della crisi. Il Governo deve attenzionare questi lavoratori: siamo di fronte ad una crisi senza precedenti, si faccia in modo che nessuno la paghi più degli altri e contestualmente immaginiamo un modello di sviluppo differente, che metta al centro la persona, la sostenibilità ambientale, le tutele pubbliche. Se la pandemia ci lascerà una lezione, oltre che sul fronte sanitario, è proprio quella sociale. Cambiare prospettiva e modelli è necessario- conclude Morsa- ma bisogna lavorarci da oggi, perchè domani è già tardi».



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